1887:il Banco di Napoli si rifiutò di garantire il debito del Banco di Torino sull’orlo del fallimento. Fu sciolto il CdA.

 

 

Tratto dal libro “1861-1871: Dieci anni di Storia nascosti” di Michele Bisceglie:

La politica  dei “fratelli d’Italia” nei confronti dell’ex Regno di Napoli fece esclamare al deputato Francesco Noto nella seduta parlamentare del 20 novembre 1861: Intere famiglie veggonsi accattar l’elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest’uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. Ai mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabbricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napoletani. A facchini della dogana, a camerieri, a birri vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le provincie meridionali come il Cortez ed il Pizarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala.

Ed ancora:

Nel 1887 il Banco di Napoli si rifiutò di garantire il debito del Banco di Sconto e Sete di Torino sull’orlo del fallimento; il Governo ne sciolse il Consiglio di Amministrazione e inviò un commissario governativo, e quando costituirono la Banca d’Italia, alla quale per statuto potevano partecipare solo le banche, nella spartizione delle azioni, al Banco di Napoli (maggior finanziatore) ne concessero solo 20.000 su 300.000, mentre alla sola Liguria ne furono assegnate 120.000, e come se non bastasse alla BNL fu concessa, per legge, la possibilità di aprire filiali in tutta Italia, mentre veniva vietata la stessa operazione al Banco di Napoli; e ancora: le banche del Nord, per legge, non potevano convertire in oro la carta moneta, mentre al Banco di Napoli fu imposto questo capestro, che praticamente significava che le banche piemontesi stampavano carta moneta e la permutavano in oro a Napoli.