30 Luglio 1861: la strage di Auletta

Come quella di Pontelandolfo e Casalduni, anche la strage di Auletta rientra tra quelle che difficilmente, nel loro compimento, si fa menzione nei libri di scuola. In tutta la loro completa crudezza.

In un articolo apparso sul Corriere del Mezzogiorno il 7 Marzo 2011, Raffaele Avallone racconta la vicenda:

È il pomeriggio del 28 luglio quando una nutrita colonna di legittimisti invade il piccolo centro sulle rive del Tanagro. Accolta, secondo le accuse, da «ignobili feste, balli e canti». Da giorni i ribelli si concentrano nella vicina località Lontrano, in attesa di rinforzi che arrivano alla spicciolata. Contadini delusi, nobiluomini spiantati, disertori, soldati del disciolto esercito napoletano, cani sciolti. Disperati che non hanno nulla da perdere. Il primo atto, altamente simbolico, è la rimozione coatta dei ritratti di Vittorio Emanuele e di Garibaldi, i padri della Patria. Il vessillo borbonico sventola di nuovo sul palazzo comunale, mentre nella chiesa di San Nicola di Mira riecheggia il Te Deum il suono delle campane invita l’intero circondario alla rivolta. Possidenti e liberali filo-piemontesi si sono già volatilizzati da un pezzo, incalzati dallo spettro di inevitabili ritorsioni. Dalla vicina Pertosa, sede di un drappello della Guardia Nazionale, scatta immediato l’allarme. Decine di guardie e carabinieri calano su Auletta nel tentativo di snidare i ribelli ma vengono respinti a suon di fucilate.

Troppo alto il numero degli insorti: urge una repentina ed esemplare azione di forza, l’analisi dei vertici militari del VI Comando, anche per scongiurare pericolosi tentativi di emulazione. Si decide l’invio dei bersaglieri, affiancati da una squadra di mercenari ungheresi. Al soldo dei Savoia già da diversi anni, gli ausiliari magiari (ma non mancano polacchi, russi, tedeschi, americani, avventurieri e tagliagole) affiancano spesso le truppe sabaude, incaricandosi del «lavoro sporco». Li precede una sinistra fama, alimentata da stupri, saccheggi, abusi e vessazioni. I soldati espugnano Auletta all’alba del 30 luglio, attraversando quella contrada Piano lasciata indifesa dagli assediati. È il caos.

Per le strade e i vicoli si apre una caccia al brigante, criminale e stupida, lo si intuisce ben presto, poiché in giro ci sono soltanto civili inermi: i veri guerriglieri hanno ritenuto più conveniente ripiegare nei boschi che affrontare un avversario superiore per numero ed equipaggiamento. Il paese viene messo a ferro e fuoco. I colpi di baionetta come colonna sonora, basta uno sguardo, una parola di troppo, un semplice sospetto per finire davanti al plotone di esecuzione. Un massacro. Sono proprio gli ungheresi a rendersi protagonisti dei crimini più orrendi, penetrano nelle case, saccheggiano, bruciano. La furia cieca e selvaggia della rappresaglia non risparmia nemmeno i luoghi di culto. E i preti, additati come i veri ispiratori della sedizione.

Il parroco Giuseppe Pucciarelli viene barbaramente seviziato a coltellate nella canonica, letteralmente fatto a pezzi dalla soldataglia assetata di violenza. Che ha il tempo di far piazza pulita di arredi sacri, ex-voto e reliquie. Stessa sorte tocca a quattro religiosi, pestati a sangue in piazza, obbligati ad inginocchiarsi al cospetto del tricolore sabaudo tra risate di scherno ed umiliazioni. Uno di loro – «quasi ottantenne» raccontano le ingiallite cronache del tempo – non resiste nella scomoda posizione, prova ad alzarsi in piedi ma un sergente gli fracassa il cranio con il calcio del fucile. Il bilancio finale della mattanza è terribile: 45 morti accertati (ma potrebbero essere molti di più) e oltre duecento arrestati, condotti a marcire nelle carceri di Salerno con l’accusa di rivolta e cospirazione.

Quanti di voi conoscono questa storia? Non ha forse pari dignità rispetto ad altre analoghe vicende, anche di epoca più recente, avvenute in questo paese e di cui se ne commemora il ricordo?