Basta con la retorica del maggior numero di dipendenti pubblici al Sud

di Raffaele Vescera

“È la Lombardia a detenere il primato di regione con il più alto numero di dipendenti pubblici, contando 409 mila impiegati. A seguire il Lazio con 392.186 e la Campania con 303.211. Quanto poi alla distribuzione dei lavoratori pubblici sull’intero territorio nazionale la ricerca mette in evidenza che il 34,8% è presente al Nord, il 33% tra Sud e Isole e il 31,9% al Centro.”

Così il servizio del Sole 24 ore, che oltretutto ci dice che L’Italia in Europa ha il più basso numero di dipendenti pubblici: “In Italia 58 impiegati ogni mille abitanti… È significativo il dato della Svezia, dove la Pubblica amministrazione conta circa 135 impiegati ogni mille abitanti, in Germania invece si contano 54 impiegati ogni mille abitanti. Gli altri Paesi posti nelle posizioni intermedie sono la Spagna con 65 impiegati ogni mille abitanti, la Francia con 94 dipendenti ogni mille abitanti e il Regno Unito con 92 dipendenti ogni mille abitanti.”

Tra i tanti pregiudizi che girano contro il Sud, c’è quello dell’eccessivo numero di dipendenti pubblici, accompagnato dalla solita cantilena che i meridionali non hanno voglia di rischiare (sarà mica che nascono “vigliacchi” e sono “indolenti per natura”?)
Ebbene, i numeri ci dicono tutt’altro, i dipendenti pubblici al Sud sono in linea con quelli nazionali, già bassi di per sé, anzi c’è di più, se confrontiamo il dato del 33,3% dei pubblici dipendenti al sud in rapporto alla popolazione che vi abita, che è di 20 milioni circa, scopriamo che è perfettamente in linea con la percentuale del 33,3% della popolazione italiana, che è di 60 milioni, mentre il centro, che di abitanti ne ha meno del 25% ha un numero di dipendenti pubblici del 31,9%. Ma questo si spiega con la presenza dei ministeri a Roma.

In quanto poi alla cosiddetta vocazione dei meridionali “fannulloni” che preferiscono lavorare con lo stato anziché fare impresa, vi riportiamo le illuminanti parole del grande scrittore Corrado Alvaro: “…Coloro i quali pensano all’Italia meridionale come a una contrada che ha per ideale di vivere a spese dello Stato, riflettano a come è nata tale disposizione. Non è qui il luogo per tracciare quella storia dolorosa, né per dire come la nostra parte di meridionali nel miliardo annuo che fruttava l’emigrazione, assorbita dalle grandi banche attraverso il sistema delle piccole banche locali, adoperato per fondare la grande industria, e non precisamente da noi, fu alla fine distrutto attraverso le piccole banche che fallirono puntualmente travolgendo tanta economia meridionale faticosamente conquistata. Priva d’industrie, rovinata, divenuta un terreno di sfruttamento dell’industria non locale, al livello di poco più che una colonia, si capisce che la sola speranza fu il pane dello Stato.”