CAMPI FLEGREI / Dopo ultimi terremoti, cresce la preoccupazione per l’area. Mastrolorenzo scrive al ministero

Pozzuoli_NASA_ISS004-E-5376_modified_names

Nel corso delle ultime settimane, uno sciame sismico non di grossa entità sta interessando i Campi Flegrei. Nessun legame col terremoto del centro Italia, ovvio, ma la preoccupazione per uno dei vulcani più pericolosi al mondo, cresce.

Il dottor Mastrolorenzo, ricercatore dell’Osservatorio Vesuviano, già critico nei confronti del Progetto Scarfoglio, progetto per la realizzazione di un impianto geotermico pilota a Scarfoglio, sul versante orientale del Vulcano Solfatara nei Campi Flegrei ad opera di una società privata srl con relazione geologico/tecnica AMRA-INGV, in attesa di autorizzazione da parte del Ministero dell’Ambiente, ha inviato al Ministero dell’Ambiente, in queste ore, una nota integrativa alle criticità già esposte con una precedente nota del 3/7/2015.

Ecco quanto scrive Mastrolorenzo:

nel corso dell’ultimo anno, siano state registrate alcune sequenze sismiche,con localizzazione epicentrale nell’area Solfatara- Pisciarelli, all’interno della quale è individuato il sito per la realizzazione del progetto pilota di centrale geotermica. Tra tali sequenze, avvertite  in modo rilevante dai residenti in una estesa area tra i comuni flegrei e la città di Napoli, è da segnalare in particolare  quella del 7 ottobre  2015, con magnitudo circa 2 gradi Richter, che ha indotto  molti residenti ad abbandonare le proprie abitazioni,   e ha causato l’evacuazione di numerosi istituti scolastici e uffici pubblici. La sequenza sismica più recente del 31 agosto 2016, con almeno quarantacinque eventi, con magnitudo massima di 1.7, è localizzazione epicentrale nell’area Solfatara-Pisciarelli, analogamente a quella del 7 ottobre, ha causato grave allarme nelle comunità locali, anche a causa dell’elevata avvertibilità  derivante dalla bassa  profondità ipocentrale (circa 1 Kilometro).
In aggiunta a tali eventi, dallo studio delle deformazioni del suolo avvenute tra il 2012 e 2013, una ricerca del dott. Luca  D’Auria ed altri  ricercatori INGV e CNR, pubblicata nell’agosto 2015, sulla rivista Nature- Scientific Reports, ha dimostrato come in detto periodo, si sia verificata una possibile risalita di magma fino ad una profondità di circa 3 Km, proprio al di sotto della zona centrale della caldera. Tale risultato, ha evidenziato la scarsa rilevabilità in tempo reale della possibile risalita di corpi magmatici  e della stessa presenza di tali corpi a bassa profondità, attraverso i sistemi di monitoraggio attualmente disponibili.

Ed ancora:

Tali evidenze indicano come, corpi magmatici eventualmente presenti a bassa profondità nell’area di Agnano- Pisciarelli, possano risultare assolutamente non rilevabili ma potrebbero innescare processi esplosivi in caso di attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi.  Inoltre l’ area di Agnano- Pisciarelli, è strategica e prioritaria per il monitoraggio geofisico e geochimico della caldera attiva dei Campi Flegrei, con database ultradecennali dei dati monitorati ed utilizzati per valutazioni di pericolosità e dei livelli di allerta determinanti per l’eventuale attuazione di piani di emergenza. Pertanto, ogni  alterazione meccanica e termo-fluido-dinamica, indotta da attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi nel sistema idrotermale, comprometterebbe in modo non controllabile e imprevedibile i parametri monitorati, vanificando irreparabilmente  l’uso dei database, per la valutazione di eventuali anomalie. Database che hanno richiesto l’ investimento di  ingenti risorse pubbliche, umane e materiali.
Conseguenza diretta delle perturbazioni indotte nel sistema, dalle attività industriali, sarebbe la impossibilità di discriminare tra fenomenologie di origine naturale e indotte da dette attività, con gravissime conseguenze per il monitoraggio, le valutazioni di pericolosità, la mitigazione del rischio e la gestione  dell’emergenza nazionale.
In aggiunta a tali problematiche, risulterebbe, di difficile discriminazione l’origine naturale, o indotta di eventuali eventi disastrosi con conseguenti implicazioni di natura giuridica nella individuazione di responsabilità penali e civili, relativamente a danni a persone e/o beni pubblici e privati.
Tali criticità, sono ulteriormente aggravate dalla perdurante assenza di piani di evacuazione operativi per l’area dei Campi Flegrei ad  oltre un anno dalle osservazioni precedentemente inviate, nonchè dall’assenza di qualsiasi  vincolo di inedificabilità  in zona rossa e dalla  l’esistenza di progetti governativi e comunali per futura, ulteriore edilizia pubblica e privata all’interno della stessa zona rossa.
Recentemente è stata rilevata la risalita di fluidi fangosi all’interno del pozzo, della profondità di circa 500 metri, trivellato nel 2012, nell’area ex ITALSIDER di Bagnoli, nel medesimo sistema geotermico dei Campi Flegrei. La trivellazione condotta sotto il coordinamento del dott. Giuseppe De Natale, ex direttore dell’Osservatorio Vesuviano, e referente del consorzio AMRA, consulente per il progetto pilota ” Scarfoglio”, era già stata ampiamente contrastata dal sottoscritto e da altri ricercatori, per i rischi associati. Al fine di scongiurare gravi rischi connessi ai fenomeni in corso all’interno del pozzo, con recente decreto, il Commissario, incaricato per l’Osservatorio Vesuviano, dott. Marcello Martini, ha disposto consulenze e interventi urgenti.
Nella riunione del  CdA INGV del 25/6/2015, il Presidente  e i membri del CdA stesso, rilevavano le criticità del coinvolgimento dell’INGV, attraverso AMRA-INGV ed il dott. De Natale, in un progetto per il quale altri ricercatori INGV, comitati e diversi soggetti, evidenziavano la pericolosità.  Lo stesso Presidente INGV, comunicava che avrebbe dichiarato al  MATTM, il non coinvolgimento e la non informazione dei vertici INGV in merito al progetto ” Scarfoglio”, e la propria disponibilità a fornire ove richiesto informazioni e/o valutazioni ufficiali dell’Ente. Ma non è dato sapere se tali contributi siano mai stati forniti.
Relativamente alle ulteriori motivazioni di natura geofisica, geochimica contrarie alla realizzazioni di impianti geotermici pilota nell’area in oggetto, si rinvia alle osservazioni già trasmesse a Codesto Ministero dal dott. Giovanni Chiodini dell’INGV, dalla prof.ssa Tiziana Vanorio dell’Università di Stanford USA, e dal prof. Franco Ortolani, già professore ordinario presso l’Università di Napoli Federico II.
In aggiunta alle integrazioni, su riportate, si riassumono i modo più dettagliato, i rischi connessi alle attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi nel sistema geotermico dei Campi Flegrei.
.
Una vasta letteratura mondiale, documenta i rischi connessi ad attività di trivellazione in generale. Tra i più comuni sono osservati gli inneschi di eventi sismici e sequenze sismiche, anche prolungate nel tempo, le esplosioni o eruzioni dei pozzi, con innesco di fuoriuscite di fluidi anche per lunghi periodi di tempo, processi di subsidenza del suolo, alterazioni delle falde acquifere ed eventi franosi. Per tali motivazioni i siti di perforazione sono generalmente posti a distanza dai centri abitati, in aree non interessate da strutture tettoniche attive.
Nel caso delle aree vulcaniche attive i rischi citati sono notevolmente amplificati dagli elevati valori di gradiente termico e di pressione, nonchè dalla presenza di fluidi circolanti anche tossici e dalla presenza di sistemi magmatici anche superficiali. Trivellazioni in aree vulcaniche, in numerosi casi hanno comportato conseguenze disastrose, tra gli esempi più noti sono da citare il vulcano Luci a Java, vulcano di fango, prodotto dall’eruzione di un pozzo profondo avvenuta nel 2006, che per anni, con un flusso ininterrotto ha portato alla luce oltre 90 milioni di metri cubi di fango proveniente da depositi profondi, che ha coperto un ‘area di alcun Kmq, con spessore di decine di metri, rendendo necessaria l’evacuazione di decine di migliaia di persone, con danni economici di alcuni miliardi di dollari.
Altri esempi riguardano la caldera del Fogo (Sao Miguel Azzorre), dove da alcuni anni è in corso una estesa modificazione dell’area intorno al pozzo a seguito di una esplosione avvenuta durante una trivellazione, finalizzata alla realizzazione di impianti geotermici, ad una profondità di circa 600 metri. L’esplosione è stata associata, a sequenze sismiche, processi di fratturazione del suolo per estensione di centinaia di metri, nascita di nuovi campi fumarolici diffusi. Il pozzo era localizzato a breve distanza da un impianto geotermico già operativo presso il bordo calderico con caratteristiche analoghe al sistema geotermico flegreo.
Altri eventi esplosivi in campi geotermici, sono ampiamente documentati nella caldera di Yellowstone, negli Stati Uniti , in Nuova Zelanda, nell’isola greca di Nisyros, a Fiumicino e nella stessa caldera dei Campi Flegrei e sull’isola di Ischia.
Comunemente, le esplosioni idrotermali, sono considerate una fattore di rischio elevato in aree geotermiche, con potenziali effetti distruttivi estesi nel raggio di centinaia di metri o chilometri  dal centro di esplosione.
Associato a tale rischio, è  ampiamente nota l’attività sismica naturale e indotta da trivellazioni in sistemi geotermici con magnitudo anche superiori al 4 grado Richter, particolarmente probabile in caso di reiniezione di fluidi in prossimità di strutture tettoniche attive. D’altra parte l’innesco di sequenze sismiche, a seguito di attività di trivellazione, estrazione e reiniezione di fluidi, è ben documentata anche in aree non vulcaniche, come ad esempio è stato osservato in pozzi localizzati presso Basilea, in Oklahoma e in Olanda.
In quest’ultimo caso, si è valutato che i soli danni connessi alla subsidenza indotta da reiniezioni di  fluidi in aree urbanizzate ammonterebbero a circa 30 miliardi di euro.
Dettagliate documentazioni, relative a sismicità indotta, emissioni gassose nocive, emissioni acustiche, e anche esplosioni idrotermali, sono registrate storicamente in tempi più recenti,  in aree geotermiche anche di vulcani non attivi, come ad esempio nei siti italiani del Monte Amiata e di Lardarello.
D’altra parte, nel progetto pilota ” Scarfoglio” ,è prevista la possibilità di eventi sismici indotti, ma per tale area è noto come la magnitudo massima attesa  possa superare il 4 grado Richter, che in tale  area può produrre danneggiamenti.  Il sito prescelto per le trivellazioni, è all’interno dell’area epicentrale delle frequenti sequenze sismiche dei Campi Flegrei e dei maggiori terremoti  registrati e avvertiti durante le crisi bradisismiche. In particolare, proprio per il rischio sismico, durante la crisi conclusasi nel 1985 fu decisa la totale evacuazione della popolazione di Pozzuoli, trasferita nel nuovo insediamento di Monterusciello.
Il progetto pilota in oggetto prevede la realizzazione di pozzi di estrazione e pozzi di reiniezione, che rendono probabile, l’eventualità di innesco di strutture sismo-genetiche attive, con magnitudo potenziali, anche superiori a 4, e con intensità macrosismiche anche superiori al 7 grado MCS.
Inoltre una vasta letteratura dimostra come i processi di reiniezione di fluidi in profondità aumentino notevolmente i rischi della generazione di eventi sismici e della altre manifestazioni associate.
Tali rischi comprendono:
– Sequenze sismiche, di magnitudo massima non prevedibile, ma probabilmente prossima alle magnitudo potenziali dell’area in oggetto;
– Esplosioni o eruzioni dei pozzi con fuoriuscita non controllabile di fluidi e materiali fangosi anche per lunghi periodi;
– Esplosioni freatiche per rapida decompressione di vapori  e gas da pressioni, dell’ordine di varie decine di bar;
– Alterazioni del del sistema geotermico in profondità e degli acquiferi superficiali e profondi;
– Innesco di processi franosi e di subsidenza del suolo per modificazioni dello stato di stress derivante da alterazioni del regime di circolazione dei fluidi nei mezzi porosi, nonchè alle sollecitazioni sismiche indotte dalle trivellazioni e dalle attività estrattive e di reiniezione;
– Dispersione dei gas, ed in particolare di anidride carbonica con rischi di diffusione nei centri abitati ed in particolare nella piana di Agnano;
– Modificazioni climatiche locali a seguito della bassa efficienza degli impianti e della eventuale dispersione di calore nelle aree prossime circostanti l’impianto;
– In casi estremi innesco di eventi eruttivi di natura esplosiva freato-magmatica, nel caso in cui la trivellazione, attraversi  gli acquiferi profondi prossimi alla camera magmatica superficiale e induca processi di fratturazione e contatto fra fluidi idrotermali e magma;
Relativamente ai rischi di esplosioni, di varia natura, che possono essere innescati dalle attività di perforazione di sistemi geotermici, oltre alle evidenze da disastri documentati a livello mondiale, è disponibile una vasta letteratura, di modellistica teorica e fisica, riguardate i fenomeni di ” flashing, esplosioni termiche, boiling-point eruption, gas eruption e mixing eruption.
Tali fenomenologie esplosive, associate a rapida decompressione e transizione di fase, di fluidi ad alta pressione e temperatura , sono possibili, nelle aree ad alto gradiente di temperatura, come il sistema geotermico dei Campi Flegrei, già a profondità di alcune decine di metri.
Ricerche condotte dal sottoscritto , in collaborazione con altri colleghi dell’INGV e di altri istituti, pubblicate su riviste internazionali  già alla fine degli anni 90 e successivamente, dimostrano l’estrema instabilità dei sistemi geotermici, sotto l’effetto anche di minime  perturbazioni termiche e meccaniche, in profondità, con evoluzione imprevedibile e possibili conseguenze catastrofiche. Tali condizioni  possono essere indotte proprio da attività di trivellazione.
Le insufficienti conoscenze dell’assetto geologico-strutturale e termo-fluidodinamico del sistema, all’interno del quale è previsto il progetto di trivellazione, e la mancanza di modelli robusti e affidabili sul comportamento di tali sistemi, a seguito di attività di trivellazione, e la presenza di una elevata popolazione residente nell’area, rendono estremamente rischiosa l’attività di trivellazione e sfruttamento d’energia geotermica, in evidente violazione del principio di precauzione.
Di fatto sarebbero esposte a rischio decine di migliaia di persone, o anche un numero maggiore in caso di eventi disastrosi di maggiore portata.
Oltre ai rischi immediati, come anche previsti da modelli di calcalo di processi termo-fluidodinamici in mezzi porosi,  modificazioni sostanziali del sistema profondo si potrebbero verificare anche a lungo termine, ( su una scala temporale di alcuni decenni).
Utilizzando i comuni programmi di calcolo per l’evoluzione di sistemi geotermici  in caso di attività di estrazione di fluidi, si può infatti prevedere la generazione di una estesa modificazione di temperatura, pressione, e regime di circolazione dei fluidi in un raggio di centinaia di metri, centrato presso la massima profondità del pozzo, in un periodo che va da alcuni anni a qualche decennio, a partire dall’inizio delle attività estrattive. Le conseguenze sull’ambiente derivanti da tali processi, sono del tutto imprevedibili.
Per le ragioni riportate e vista l’assoluta impossibilità di previsione di eventi disastrosi su base teorica, empirica, o attraverso il monitoraggio delle attività di trivellazione e sfruttamento, dette attività nei Campi Flegrei, ed in particolare nel sito di Agnano Pisciarelli, sono da considerarsi ad altissimo rischio, e quindi da evitare nell’interesse comune, nel rispetto del principio di precauzione, e ai fini della salvaguardia dell’ambiente naturale, anche considerando la vocazione paesaggistica, archeologica e turistica dell’area, inserita nel parco regionale dei Campi Flegrei.
Pertanto si esortano le Commissioni incaricate alla valutazione  per il Ministero dell’Ambiente, a non autorizzare il progetto.