Cari dipendenti della Reggia, a voi i call center a noi il museo

reintegrati

Partiamo da tre dati:1) I visitatori della Reggia di Caserta sono aumentati del 70% in un anno, portando benefici non solo al sito in se stesso, ma a tutto l’indotto ed al turismo in Campania 2) I settori trainanti della economia campana e meridionale sono turismo ed enogastronomia 3) C’è una emorragia lenta e costante di giovani dal Sud verso il Nord (inteso non solo come quello italiano).

Stanti questi tre elementi la lamentazione dei dipendenti della Reggia di Caserta, suona davvero come una beffa soprattutto per la generazione cui appartengo: precari senza tutele, partite iva proletarie senza orari nè festivi, laureati in beni culturali che fanno i commessi da Zara o gli operatori di call center, laureati stagisti a gratis (anzi a spese loro).

Lavorare in un sito archeologico, nella terra in cui si è nati, non è un lavoro come un altro. E’ una missione, una questione di appartenenza, un atto di devozione, un investimento per il futuro dei propri figli e dei propri nipoti.

Troppo faticoso? Non c’è problema, ci sono frotte di neolaureati che scambierebbero volentieri il proprio lavoro di commesso od operatore di call center con lavoro durante i festivi presso un sito archeologico non lontano da casa.

Il core business della nostra terra è questo, mettetevelo in testa. L’alternativa? Partecipare come comparsa o protagonista al circo di Gomorra, rappresentando il meridionale stereotipato e vittimista tanto caro alla stampa e alla politica italiana.

Un messaggio per Renzi: vuoi andare fino in fondo? Smantella il carrozzone delle Soprintendenze.