Ermanno Rea: ma quale partito della nazione, tra Nord e Sud c’è una profonda frattura

In una intervista a Left, lo scrittore napoletano Ermanno Rea esprime considerazioni molto interessanti sulla frattura che esiste oggi in Italia tra Nord e Sud facendo autocritica anche per quanto riguarda il ruolo storicamente avuto dal Partito Comunista che, nei fatti, non ha mai affrontato come avrebbe dovuto la cosiddetta “questione meridionale”. Anzi.

«Il signor Renzi vuole fare il partito della nazione? Prima pensi a unirla, la nazione, perché adesso è spaccata». Centocinquanta anni di unità solo sulla carta.

Ancora, Rea, sul ruolo del PCI nell’ambito della questione meridionale, con riferimento al suo ultimo libro che affronta l’argomento: Il caso Piegari

A Napoli negli anni Cinquanta c’era un medico di grandissimo talento, Guido Piegari, uno scienziato che aveva una cultura storica gigantesca e che gestiva il gruppo Gramsci, molto importante in città in quegli anni. Lui dissente da Giorgio Amendola (responsabile della Commissione meridionale del Pci, ndr), critica la sua visione del meridionalismo e giudica il dirigente comunista uno che non promuove una politica a favore dell’integrazione nazionale, gramscianamente intesa nell’incontro della classe operaia del Nord con i contadini del Sud. Piegari viene espulso dal Pci. Come sempre, mettendo in moto una macchina del fango – si dice che è mezzo pazzo – e provocando in lui anche un disastro psicologico. Come il mio amico Gerardo Marotta, presidente dell’Istituto per gli studi filosofici, che faceva parte del gruppo Gramsci, io opto per la visione proposta da Guido Piegari che affermava la necessità dell’integrazione nazionale.

 

Illuminante il j’accuse  di Rea che così prosegue:

I dati dell’ultimo rapporto Svimez parlano chiaro, addirittura si denuncia il rischio di desertificazione per il Sud. Io sono convinto che l’Italia non sarà in grado di uscire dal suo baratro fino a quando non realizzerà una unità nazionale. Se uno oggi mi dovesse chiedere qual è la malattia del Paese, la mia risposta convinta sarebbe questa: un’infezione profonda e lontana mai sanata che si è sempre più aggravata, la frattura tra Nord e Sud. Adesso perdiamo tutti: anche il ricco Nord è in crisi, e le periferie scoppiano là non meno che a Roma o Napoli. Com’è possibile che l’Italia, in una situazione di questo genere, possa riuscire a trovare una sua credibilità anche internazionale e una sua capacità di rigenerarsi?

Caro Rea il punto è proprio questo, ma si vuole davvero realizzare una, vera e non strumentale, unità nazionale, senza che ciò determinasse, nei fatti, una economia duale (che ha fatto comodo e fa comodo a tanti)? Lo si è mai voluto fare? Sono trascorsi 154 anni di nulla di fatto ed anche le ultime politiche del governo Renzi vanno in direzione ostinata e contraria.

Conclude Rea:

Tornando a ciò che racconto nel libro, esiste una responsabilità comunista? Su questo sono cauto, il Pci ha avuto tanti torti ma anche tanti meriti. Io sostengo solo che non si è mai voluto rivedere autocriticamente la vicenda della questione meridionale e riuscire a separare, come si suol dire, il bambino dall’acqua sporca.