Il cervello, una sfoglia di cipolla avulsa dalle origini

 

 Un tweet di ieri della Santanchè chiedeva con insistenza conto delle origini del pilota tedesco suicida sull’airbus, volendo proditoriamente alludere alla ricerca di ascendenti mediorientali che ne giustificassero l’insano gesto. Analogamente sui social network si faceva nei confronti di Napoli e dei napoletani a proposito del far west della rapina di Ottaviano, prima di scoprire che si trattava di due carabinieri di cui uno veneto. Nessuno dei due era arrivato in Italia con un barcone e uno dei due neanche era campano (il che manda in confusione twittaroli compulsivi leghisti e giornalisti).

La manifestazione virulenta di un problema tutto italiano che denuncio da anni: la pretesa e l’indicazione delle origini come attestazione di rettitudine o criminalità, come se l’italiano e, peggio ancora, la stampa italiana, fosse rimasta a Lombroso.

Su questo blog di casi ne ho denunciati tanti:

Il 23 giugno il Messagero scriveva:

Gli abusivi “in servizio”, nell’ultimo week-end, oscillavano tra le 30 e le 40 unità. Una minoranza è rappresentata da tunisini e marocchini, mentre la stragrande maggioranza è formata da napoletani e rom. I più spregiudicati sono proprio i rom, alcuni dei quali pretendono anche di poter accedere liberamente e senza pagare un euro alle manifestazioni (per utilizzarne i bagni).

Un anno fa Padova Oggi, prima che l’articolo fosse corretto dopo che da questo blog e dai social si era diffusa una sonora protesta, aveva scritto:

Furto di una borsa al pub 131 di Noventa Padovana

„I tre giovani responsabili intercettati da una pattuglia di militari sono un italiano e un serbo entrambi di vent’anni e un napoletano 19enne. I carabinieri li hanno sorpresi ancora in possesso della borsa rubata.“

Ce ne sono altri di episodi, potete divertirvi a cercarli su queste pagine, come quello del buon Ciro Esposito per il quale l’essere stato di Scampia, giustificava la notizia secondo cui il proprio omicidio avesse origini nella criminalità organizzata.

Quasi sempre il meridionale e l’extracomunitario assurgono, in queste cronache, a  non italiani (anche se nel secondo caso vivono in Italia da anni) e comunque l’indicazione della propria origine territoriale e municipale diventa un marchio infame.

E’ successo, ad esempio tempo fa, su altre testate, anche per un omicidio compiuto a Brescia, dove si narrava di quella ragazza uccisa con un figlio in grembo. Nei titoli dei giornali non era unica col suo nome e cognome, ma “la brasiliana” come a voler rimarcare le suggestioni di chissà quale immaginario maschile che potesse giustificare un delitto così efferato.

È così necessario indicarla in questo modo, senza correre il rischio di identificare il delinquente con un’area geografica aumentando stereotipi e razzismo, oltre che discriminazione, o quanto meno, insofferenza verso “l’altro” che ha in comune con il delinquente, solo l’origine nazionale o municipale (e nient’altro)? Così poi da trasformare proprio quella appartenenza (od origine), in aggettivi atti a connaturare in maniera deteriore certi comportamenti?  “non fare il napoletano”…”sembri uno zingaro” eccetera..Cosa aggiunge alla narrazione della cronaca?

Il post della Santanchè dimostra la virulenza di quanto esposto sopra, dimostrando l’idiozia di certe pretese. Perché , come diceva la buonanima di mia nonna, il cervello è una sfoglia di cipolla, è complesso, stratificato ma profondamente fragile e labile. E proprio nella sua fragilità se ne fotte delle nostre origini e da dove viviamo, oltre che di tutti i test che dimostrano equilibrio e sanità mentale.