Il sangue dei terroni nella prima guerra mondiale

  
Sin da bambino, la prima guerra mondiale è per me una pergamena con una serie di medaglie attaccate sopra. Un cimelio che arriva dal passato e fu consegnato alla buonanima del mio bisnonno, unico figlio di una famiglia di contadini, durante il ventennio, per aver combattuto ed essere rimasto gravemente ferito ad una gamba sul Carso.

Grazie anche a quella ferita, che gli avrebbe impedito di combattere, fu rimandato a casa dando a me la possibilità di poter scrivere adesso queste righe.

Lorenzo Del Boca, scrittore piemontese, dedica il proprio racconto, nel suo ultimo libro, proprio all’esercito dei terroni inviati al fronte non molti anni dopo l’avventura unificazione nazionale. Così dal sito della casa editrice dell’autore:

Lavarono con il loro sangue le pietraie del Carso e i dirupi dell’Altopiano. Nel corso del conflitto più vasto e spaventoso della storia, diedero la vita per una patria che non avevano mai conosciuto se non con la maschera di un potere centrale lontano, arrogante e rapace. Ogni anno si celebrano con enfasi insensata le ricorrenze della Prima Guerra Mondiale, ma da nessuna parte si sente dire che l’assoluta maggioranza delle vittime era gente del Sud. Un’intera generazione spazzata via. 

Figli del Meridione, contadini poveri, braccianti, piccoli artigiani, quasi per metà analfabeti, giovani di vent’anni che furono strappati alle loro famiglie e alla loro terra e mandati a morire in lande remote, tra montagne da incubo e pianure riarse. Si sacrificarono per gli interessi di quelle élite economiche che sfruttavano la loro terra, succhiandone le energie e rapinandone le risorse, e per il tornaconto di una nuova classe politica che li trattava con ferocia o disprezzo. Finirono a decine di migliaia nelle trincee, stretti nella morsa del fango e del gelo, sotto una pioggia perenne di bombe.

Diventarono carne da cannone, numeri da inserire nelle statistiche dello Stato Maggiore, bandierine che i generali spostavano sulle mappe con noncuranza. Vennero massacrati sull’Isonzo e a Caporetto, combatterono con disperazione e con valore sul Piave, lanciati da ufficiali balordi o criminali contro un nemico che non conoscevano e che non avevano motivo di odiare.
Conobbero la paura, la morte, l’eroismo. Erano i nostri nonni, i nonni del nostro Sud.
L’esercito dei terroni.