Le discese ardite e le risalite verbali…sui calabresi

Parto da un gioco e da una provocazione per mettere chi scrive e chi legge davanti ad uno specchio. E vedere l’effetto che fa.

Giorni fa sono stato all’estero, e fin qui giustamente “e chi se ne frega”. Il punto è che non sono stato proprio all’estero nel senso letterale e topologico, ma sono stato in un estero più che estero, in un estero metaforico, in un estero italiano: a Castelvolturno, a un soffio da Napoli e Caserta.

Ma perché, come mai? Perché tutti quelli che interpello, nel mercatino dell’antiquariato come nelle strade intasate d’auto vicino alla stazione, mi rispondono in varie accentuazioni di africano ? Diretto, storpiato, italianizzato, edulcorato, dissimulato. Che ci fa questo concentrato di africani di lunga o breve lena a Castelvolturno?

Mi informo: ormai tra  il 70 e l’80% della popolazione di Castelvolturno, è africana […]  A Castelvolturno le scuole ormai sono africanizzate fin dagli asili.  La comunità migliore degli indigeni non abbozza, reagisce, ci sono 4 librerie che per un’idea di cultura sempre più impallidita sono autentici bunker resistenziali che cercano di dare solidità a un costume strisciante e gassoso, quello delle pacche sulle spalle.

eccetera eccetera eccetera. Il pezzo che avete poc’anzi letto non l’ho scritto io, ma Oliviero Beha, ieri sul Fatto Quotidiano. Mi sono limitato a sostituire in corsivo alcuni termini. Ventimiglia con Castelvolturno e calabrese con africano. Per scendere nel più bieco e stereotipizzante (e discriminatorio) luogo comune. Per mostrarvi come appare la lettura agli occhi di chi viene discriminato.

Da una parte i civili indigeni che “resistono” nelle librerie. Dall’altra…i calabresi.

Come vi sembra, mh? Abbastanza politicamente scorretto? Ecco io credo che un articolo del genere, con gli aggettivi sostituiti dal sottoscritto,  avrebbe suscitato una levata di scudi indignata, un pò come è successo con Tavecchio, perchè si tratta di un articolo che nella superficiale generalizzazione accomuna tutti indistintamente nella melma della delinquenza solo per la provenienza geografica. Che è un pò quello che ha fatto Beha, beccandosi i rimbrotti giustamente incavolati di tanti calabresi. Il teorema “Ventimiglia è così per l’immigrazione calabrese” che ha portato la ndrangheta è paradossale (e stucchevole pure d’estate, cercavano di dimostrarlo anche i leghisti). Nessun fenomeno mafioso attecchisce senza la consapevole connivenza dei gangli presuntamente (per origine geografica) sani di una società. Pecunia non olet. Gli affari sono affari.

Beha oggi ha inizato una lieve arrampicata sugli specchi vanificata dal finale, per rimediare, tutto condivisibile se non per il finale: “un consiglio dunque, al di là dei limiti dell’estensore (oltre a quello di non essere purtroppo calabrese…) con i quali convivo da tempo con pazienza che vi prego di condividere.”

Chissà cosa avranno fatto mai i “calabresi” a Beha per meritarsi la sua tolleranza ed una manifestazione di pazienza. Quello che mi sento di suggerire ad un giornalista che ho sempre apprezzato molto per l’originalità di quello che scriveva, e che pure conduce trasmissioni impegnate su Rai 3, è di non trattare il fenomeno mafioso con questa superficialità, visto che ormai parla una lingua globale che non ha alcuna determinazione territoriale. Anzi, se proprio vogliamo metterla sul piano storico-geografico ,le mafie sono un fenomeno d’importazione anche per il Sud. E sono diventate fenomeno sistematico, solo dopo il 1861.

Sapete quele è la mia impressione da un pò di tempo? Il voler addurre i meridionali come causa di declino non solo del Mezzogiorno (che in un’analisi tirata ci potrebbe pure stare) ma anche del nord Italia morso e messo in crisi dal declino di questo Paese. Il nord va a rotoli? Colpa dei meridionali.

Badate che questi discorsi si possono avvertire per strada da Roma in su. Emergenza immondizia nella Capitale? Colpa dei troppi napoletani e stranieri che vi risiedono (e tra l’altro pagano le tasse). Proprio così, basta ascoltare a voce dell’uomo della strada. Che poi vota. E magari legge Beha e se ne convince.

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2 Risposte a “Le discese ardite e le risalite verbali…sui calabresi”

  1. Finalmente un giornalista serio che esce dal politicamente corretto e dice le cose come stanno.
    Si, sono stati i calabresi a rovinare economicamente e socialmente la liguria, e non solo. Non è un caso che le zone della padania meno meridionalizzate siano quelle che ancora riescono a produrre qualcosa, come il veneto o parte della lombardia( province di bg-bs-so-e in parte mb) In tutte le altre zone l’immigrazione meridionale ha trasformato il nord nel sud. Ventimiglia vecchia è un fortino dell’ndrangheta ( chi l’ha portata li, i francesi?) dove secondo il procuratore capo di imperia esiste un livello di omertà paragonabile a quello di scampia. E o non è un crimine questa invasione che oltre a distruggere le culture locali( e quello magari ci può anche stare) ha importato la peggior feccia criminale del mondo, stravolgendo per sempre le abitudini di una tranquilla comunità locale dove al massimo c’erano dei ladri di polli? Lo volete capire che noi non vogliamo che le nostre città diventino come napoli dove ogni settimana c’è un morto ammazzato?

    1. Te l’ho ripetuto decine di volte. Le mafie diventano sistema nel 1861. Quindi chi è la matrice? A chi appartiene? Ma tu credi davvero che 4 emigranti o dei contadini come Riina e Provenzano avrebbero potuto fare da soli quello che hanno fatto?
      Continui con discorsi profondamente razzisti e superficiali, come fa Beha.

      Quando i meridionali facevano grandi le vostre città, facevano comodo? Come lof acevi il miracolo economico senza gli emigranti del Sud? ora va tutto a rotoli ed è colpa dei meridionali? Continua a pensarlo luca, nel frattempo la barca affonda.
      Ti ripeto per l’ennesima volta che senza connivenze del luogo autoctone ed indigene, certi fenomeni non si sarebbero mai sviluppati.
      Noi intanto restiamo al sud. E resistiamo. Nonostante il furto dei fondi fas, nonostante l’emorragia d’emigrazione. Nonostante la miseria.

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