Le politiche di austerità? La prima vittima è al Sud

Grazie alle nuove stime di contabilità regionale, con riferimento all’anno 2013, rilasciate dall’ Istat si scopre, qualora ce ne fosse ancora bisogno, l’immagine di un Paese ancora profondamente spaccato nei suoi confini. Con il Pil del Sud che è pari ad appena il 55% di quello del Centro Nord.

Come hanno inciso le politiche economiche degli ultimi anni sulle due macro aree lo anticipa in un tweet il professor Viesti, presentando un interessante articolo di Stefano Prezioso su “Nel Merito.com” : la politica economica dell’ austeritá sta penalizzando particolarmente il Mezzogiorno.

Con il modello econometrico della SVIMEZ, che considera separatamente Centro-Nord e Sud, si è proceduto a stimare l’impatto dei principali provvedimenti di finanza pubblica relativi al biennio 2014/2015.

Scrive Prezioso:

In primo luogo, è interessante notare come nel 2014 l’effetto complessivo attribuibile alle manovre è stato di entità modesta nel Centro-Nord (-0,21%), mentre è risultato superiore ai sei decimi di punto percentuale nel Sud (-0,65%). Sotto questo profilo, la politica economica appare contribuire alla crescente divaricazione che vi è nella dinamica congiunturale delle due macro-aree.

 

Ed aggiunge:

Ad ogni modo, gran parte del differenziale territoriale riscontrato nell’ effetto complessivo della manovra relativa al 2014 è riconducibile ai tagli dal lato delle spese che hanno “sottratto” al Sud quasi sette decimi di punto percentuale vs i quasi due al Centro-Nord. All’interno di questa voce di bilancio, l’impatto più ampio è dato, nelle regioni meridionali, dai minori investimenti pubblici che da soli spiegano quasi i due terzi dell’impulso negativo complessivamente offerto dai tagli alle spese. Si conferma, quindi, l’elevata sensibilità dell’economia meridionale a questa tipologia di interventi .Gli investimenti pubblici costituiscono, infatti, una delle poche variabili esogene in grado di muovere un‘economia strutturalmente stagnate; inoltre, il moltiplicatore associato a questa tipologia di spese è, caso unico, superiore all’unità.

 

La china del 2015 è pari a quella dell’anno precedente, con la forbice tra Sud e Centro Nord che non si modifica.

Per Prezioso i tagli effettuati, al Sud, dal Governo alla spesa in conto capitale e a quelli alla spesa corrente hanno determinato un effetto depressivo che non consente “una ripresa” nell’area ma alimenta un processo di avvitamento in negativo perchè non sono presenti, nel Mezzogiorno, elementi strutturali in grado di interrompere il circolo vizioso iniziato nel 2008.

Ecco perchè occorre sollecitare investimenti pubblici volti alla creazione di quelle condizioni che permetterebbero l’aggancio della ripresa anche al Sud. L’idea che una parte del Paese traini l’altra è fallimentare ed è stato dimostrato. Genera solo emigrazione e deserto industriale. Perchè il Sud è porta del Mediterraneo ed è parte del Mediterraneo. Rappresenta una macroarea importante, sia per numero di abitanti, che per valore aggiunto manifatturiero superiore a quello detenuto nella manifattura da parte di nazioni come la Finlandia, la Danimarca, il Portogallo, la Romania e la Grecia. Gli investimenti servono anche perchè, nonostante tutto, il Mezzogiorno ha un serbatoio di aziende medie e medio-grandi capaci di stare sui mercati internazionali e di generare volumi di export di un certo livello. Vogliamo far crescere quello che c’è o sopprimerlo definitivamente?