Ma quale modulo, le partite del giovedì di Europa League sono tristi. Ecco perchè.

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Considerazioni a margine di una partita di calcio, del giovedi,
scritte per il Napulegno.

Leggerete dotti commenti dei colleghi Napulegni sulla partita di ieri (o forse no perchè pure loro s’anna sfastriat di certa mediocrità infrasettimanale, Ventriglia ha dato forfait e non ha fatto neanche le pagelle), pure io li ritengo abbastanza superflui, una speculazione tecnica che nasconde in realtà la reale ragione di certe prestazioni: i giocatori del Napoli al giovedì giocano male perchè si intristiscono. Già l’Europa League è quello che è, se poi aggiungete quanto vi racconterò più avanti, finirete per farvi venire la “pecundria” pure voi. E non darete la colpa nè al modulo nè ai calciatori.

Partiamo dall’inizio : prendete uno che abituato alla cena di pesce sul porto di Pozzuoli, si deve imbarcare su un aereo il mercoledì sera per raggiungere una città la cui squadra ha un nome che è rimasto fermo alla caduta del muro di Berlino (tipo Sparta Praga). Si sposta dalla sua villetta a Marechiaro, dove i 20 gradi sono assicurati, per incontrare dei giocatori dal nome equivoco (immaginatevi che aspettative crea Benitez “Kuolibaly stasera marcatura da dietro su Lafata”). Giocatori con un look da attore di serie tv americane anni 70 (basette e baffi lunghi, che se ti incontrano a Napoli ti prendono a fare la controfigura di Hazard, gli over 20 ricorderanno). Figuriamoci, Higuain era abituato a vedere Cristiano Ronaldo negli spogliatoi (magister elegantiarum come pochi), Albiol era abituato a marcare gente con nomi dalla virilità indiscutibile ( “Raul stasera a uomo su LEWANDOSKI”, jawhol!). Tristezza, portami via.

Per non parlare degli stadi. Il Napoli è capitato in un girone dove se non fosse per la sigletta iniziale che ti ricorda che si tratta di una manifestazione continentale e dei quattro arbitri atleticamente prestanti, sembrerebbe la partitella del giovedi del torneo Uisp (con l’attempato guardalinee che segue l’azione da centrocampo non riuscendo mai ad arrivare in tempo dove si trova il centravanti); gli stadi per l’appunto, al confronto dei quali il San Paolo sembra un’opera modernissima di Renzo Piano, seguono l’architettura sovietica del mausoleo di Lenin. Ieri, ad esempio, appena Rafael, il portiere, è arrivato con l’autobus, ha recitato 25 “eterno riposo”. Poi Mesto gli ha detto, “uagliò questo è lo stadio non il camposanto”. Davanti stavano parcheggiate 157 Lada del 1960. Altro che “ALLIANZ ARENA” (tiè tiè come è aulico e marziale) senti come ti scorre l’adrenalina in corpo appena ne pronunci il nome. Tristezza, insinuante.

Quando il Napoli è arrivato negli spogliatoi Benitez ha chiesto uno psicologo perchè a Henrique è venuta la saudade ed ha iniziato a cantare a cappella le canzoni di Toquinho. Mezza squadra s’è messa a piangere prima del riscaldamento. Morale sotto ai tacchetti.

Poi per dare la scossa ha detto: “Uagliù jamm, ci basta un pareggio, e ci passa rò **zz pure dello YOUNG BOYS”. Ma che ve ne fate dell’Arsenal, del Real Madrid, del Barcellona, per dare la carica, o’ mistèr ha chiamato in causa nientepopodimeno che lo Young Boys! Al che Insigne, che era infortunato, ma s’era buttato pure lui sull’aereo, ha detto: “mister stasera Holly Hatton j schiatt a cap’ a quelli del Bratislava e lo Young Boys, vince sicuro”. Benitez l’ha guardato e ha detto a Pecchia: fuori Insigne dentro Mertens. Tristezza, devastante.

Bigon per risollevare il morale li ha, quindi, portati a fare riscaldamento fuori sul campo. Sperava che la coreografia e gli insulti del pubblico potessero gasarli. Peggio ancora. Nelle curve c’erano i tamburi con gli adesivi della Madonna di Czestochowa (che Rafael ha subito riconosciuto infatti immediatamente si è buttato a terra a pregare) e la gente stava vestita come i protagonisti della corazzata Potemkin. Zuniga, anche se non giocava, è scoppiato a piangere al che Andujar, noto cinefilo gli ha detto: “E’ tutta una tattica per scoraggiarci siamo in un film tipo Goodbye Lenin”.  Mio fratello ed io, che guardavamo la partita insieme da casa, istintivamente ci siamo infilati dei colbacchi dell’armata rossa comprati a Berlino, abbiamo tolto dall’asta la bandiera del Napoli e l’abbiamo sostituita con una fondo rosso più la falce e martello nell’angolo. Ci siamo commossi pure noi. Tristezza, sovietica.

Intanto la squadra del Napoli era definitivamente, psicologicamente a pezzi. Insigne, in tribuna, ha detto a Bigon: “Mò arriva pure Gorbaciov e iniziamo”.

Partita iniziata, ritmo lentissimo, Henrique in panchina si era portato la chitarra e proseguiva con le canzoni di Toquinho (si era aggiunto pure Gianni Minà nel frattempo). A un certo punto il giornalista Mediaset ha avuto un sussulto “meravigliosa coreografia dei tifosi sugli spalti”. Mio fratello mi ha svegliato e la regia ha inquadrato questi ragazzi con la carta colorata riciclata dei regali di Natale, quella lucida, che cercavano di dare allegria e supporto alla propria squadra. Higuain si è depresso ancora di più. Tristezza, cosmica.

Il colpo di grazia alla partita l’ha data la morte del capitalismo e del marketing. Prendete gente come Callejon, abituato a giocare negli stadi dove i cartelloni pubblicitari al plasma riportano fantasmagoriche scritte “SONY , MASTERCARD, GILLETTE” e mettetelo a giocare in un campo dove se si gira per un istante legge a caratteri cubitali, detto col massimo rispetto ovviamente, “CICCIOTTO CARTOFER, AUTODEMOLIZIONI – ARZANO” o, ancora “RISTORANTE LA GRIGLIA SPECIALITÀ DI PESCE GIUGLIANO”). Depressione alle stelle. Tristezza, totalizzante.. Tre fischi e tutti a casa,oltre la cortina di ferro. Avete capito perchè è stata una partita mediocre?