Pitaro: Lombroso e Villella, ci sarà un giudice a Berlino

Sulla diatriba di questi giorni a proposito del Museo Lombroso è intervenuto Romano Pitaro, caporedattore della rivista del consiglio regionale calabrese. Così scrive Pitaro:

Oggi 28 MARZO su “Repubblica” (pag 31) viene servita una paginata per buttare fango sul “brigante” Villella, SCREDITARE la campagna volta a seppellire il suo cranio ed esaltare (ma dai!) l’ineffabile Museo Cesare Lombroso di Torino.
Una “controinformazione” la cui regia è scontata. Finalizzata ad impedire sia la chiusura del Museo degli orrori di Torino che la sepoltura di un cranio assurdamente trattenuto per far ridere i i polli (dato che parliamo di un ladro di polli) . E giustificare l’utilizzo di risorse pubbliche?
Ricordare che c’è una sentenza di un tribunale secondo cui il cranio di Villella va riportato in Calabria, “perché ingiustamente sequestrato”, certo impugnata dal Museo (vedremo come evolverà), sarà pure superfluo, ma tant’è… La sentenza esiste, vogliamo renderne conto?, il secondo round è in corso…
Il sillogismo praticato dall’articolista, in breve, è il seguente: i neoborbonici sono puzzoni (sarà pure vero, ma non sarebbe stato simpatico – lasciamo perdere la deontologia che è diventata una brutta parola – sentire anche l’opinione del presidente del Comitato “No Lombroso”: tanto per fornire un’informazione credibile, no?); tra chi contesta il Museo ci sono molte associazioni neoborboniche, ergo: il Museo è specchio di civiltà e virtù.
Peccato che la cosa non funzioni.
Io – tanto per intenderci – come tanti altri, sono non tanto per la chiusura di quel Museo (ci sono tante porcherie “culturali” in circolazione!) ma assolutamente convinto dell’urgenza, per un Paese dignitoso, di restituire il cranio di Villella al suo paese d’origine: Motta Santa Lucia.
Ma il bello di quest’operazione, evidentemente studiata a tavolino in vista del secondo grado di giudizio, è che si intenderebbe dimostrare di aver ragione non soltanto sulla “marmaglia” neoborbonica, ma sull’intera vicenda Lombroso/Villella, in quanto a scrivere di Lombroso genio incompreso (in realtà bocciato dalla scienza mondiale), di Villella “non brigante ma poveraccio ladro di polli” (quindi, se capiamo bene, uno il cui cranio, appunto perché poveraccio?, può impunemente essere trattenuto per far ridere i polli) e che in Calabria di questa storia se n’è fatta un’epopea (ma quando mai? Se in Calabria ci fosse stata un po’ di consapevolezza con tanto di adesioni a quest’ora quel cranio sarebbe già seppellito! Manu militari…) è un’antropologa calabrese. Beh!, allora sì. I conti tornano. Se persino “una stimata docente di antropologia culturale all’Università di Padova”, “calabrese”, asserisce che la testa mozzata di Villella può continuare ad essere esposta al pubblico, cosa volete di più?
Il punto è che da un pezzo alla logica è stata dato l’ostracismo, anche nei luoghi meno sospetti, motivo per cui cresce la disaffezione verso i giornali e crolla l’acquisto dei libri (se ne scrivono troppi, se ne leggono pochi e si sparano puttanate!)
Dunque,a proposito di logica: se Villella non era un brigante (ma questo è strarisaputo; nell’Italia appena unita, a colpi di fucilate nel Mezzogiorno, tutti quelli che disapprovavano erano definiti briganti e presi a calci in culo; eppoi, guardate che è stato proprio il Comitato “No Lombroso” a chiarire lo status di Villella; bastava che l’estensore dell’eccelso pezzo sentisse l’ingegnere Iannantuoni, 338 4146300, per evitare di accreditare stupidaggini) non vi pare che l’unica domanda da farsi è la seguente: che ci fa ancora il suo cranio (il cranio di un poverocristo nullatenente finito, suo malgrado, nelle grinfie di Lombroso) nel museo Lombroso di Torino?
C’è bisogno che un’alta istituzione culturale aspetti altre sentenze, perche si consenta di seppellire il cranio di una persona umana esposto bellamente in un Museo? All’autrice del libro in questione, o a chi per l’occasione ne ha sintetizzato il contenuto, che mette all’indice “una crociata antilombroso in Calabria” (tra l’altro il comitato antilombroso ha sede a Milano) ci sarebbe da consigliare un buon oculista. Perché di crociate simili, PURTROPPO, in una regione che ha già tanti affanni di cui occuparsi, non c’è assolutamente traccia. (La Basilicata ce l’ha fatta, dopo anni, a seppellire, grazie all’impegno della sua classe dirigente, del cinema e della cultura, Passannante: ma questa è un’altra storia…)
Viene da sorridere, infine, quando si lascia intendere che “i media hanno trasformato Villella in totem contro il razzismo meridionale” (quest’amenità, invero, l’ha scritta l’altro giorno La Stampa torinese). Non perché sia falsa (fermo restando che a scrivere con ragionevolezza su/di Villella sono stati pochissimi giornali), ma perché chi la scrive non l’ha proprio capita. Gli sfugge il senso, la portata storica del tema, non comprende proprio l’animus del Mezzogiorno di ieri e di oggi, che ha poco da spartire con il Borbone o i velleitari slogan secessionisti. … E spiegargliela è difficile. Falso assolutamente è che i resti di Villella non siano stati reclamati dai suoi eredi (anche questa cosa è risaputa); ma anche qui, occorrerebbe spiegare che il punto non è più il brigantaggio (valore o disvalore comunque lo s’intenda considerare) o il parentado, ma l’interesse di un Paese (di cui facciamo tutti parte ed a tutti noi caro) a rimediare ad errori ed orrori compiuti quando s’è fatta l’Unità, bene ormai imprescindibile quanto il progetto europeo.
Ecco: seppellire il cranio di un poveraccio meridionale, tra l’altro scambiato per brigante, ed esposto in un museo incentrato su teorie balorde, è la giusta cosa da fare. La giusta cosa da farsi che l’Università di Torino, nonostante dalla sua non vi sia uno straccio di ragione giuridica, etica, civile e religiosa (la Bibbia parla chiaro sul seppellimento dei morti, anche di quelli uccisi nel nome di Dio!) , non consente ancora di fare. Ma, come ricorda Bertold Brecht, in riferimento al famoso mugnaio che si scontra con l’imperatore a causa di un torto maldigerito, per fortuna “ c’è un giudice a Berlino”. Saluti!

Ps: ma a voi piace visitare un luogo con teste mozzate che vi guardano con le espressioni della foto di cui sopra?

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