Il caffè napoletano secondo i Subsonica, dal proprio profilo Facebook. Napoeltanitudine come condizione dell’animo…
“Senza parole, la tazza di un caffè”. DOMANI SERA (sabato 20) suoneremo a NAPOLI, e sarà davvero un concerto di quelli che non si dimenticano (poi anche il dj set etc etc, sapete già, già abbiamo detto). Ma sulla questione caffè a Napoli, varrebbe la pena soffermarsi. E’ oggettivamente nalla maggiorparte dei casi, molto, ma molto, ma moltissimo più buono che altrove. A riguardo si sprecano infinite teorie: l’aria, l’acqua, l’umidità, le miscele, le tazzine pre riscaldate…San Gennaro…le scie chimiche…Alla fine, dopo anni, ci siamo fatti un’idea. Il caffè a Napoli è più buono che in qualsiasi altro luogo della Via Lattea, perché deve essere così, e basta. Perché quando uno lo fa lo “deve” fare buono. E’ un dogma, una questione culturale. La razza non è nulla, la cultura è tutto. Come quando qualsiasi italiano in qualsiasi posto del mondo si mette a cucinare la pasta. Non mezzo minuto in più non mezzo minuto in meno (a parte alcuni rari padani o montanari abituati a scofanarsi dei blob scotti inguardabili e coerentemente ingustabili) , e se la cottura non è giusta, e se l’olio o il condimento non sono all’altezza, diventa una questione d’onore. Di vita o di morte. Di sopravvivenza identitaria, Stessa pasta, stessa acqua, stessi ingredienti dati in mano a un qualsiasi altro abitante del pianeta, non sortirebbero lo stesso risultato. Siete d’accordo? Semplicemente per un napoletano un caffè al di sotto di un determinato standard, non è una condizione esistenzialmente accettabile. Io comunque domani non vedo l’ora di tantissimissime cose, inclusa ‘na tazzulella. (M)