Svimez: anche nel 2015 Renzi taglia sopratutto al Sud

 I dati sono di  uno studio della Svimez e dell’Irpet, nel corso del 2015, la spending review prevista dal governo, in percentuale sul Pil, sarà del 6,2% nel Mezzogiorno, più del doppio del calo, pari al 2,9%, del Centro-Nord. 

Nell’anno in corso, la manovra correttiva in relazione al prodotto lordo, grava sulle già fragili spalle del Sud per il 9,5%, nel Centro Nord per il 6%. 

Secondo i vertici della Svimez: «In questo modo la spending review non riduce gli effettivi sprechi ma determina un crollo generalizzato di investimenti pubblici e di incentivi alle imprese».

Tale processo tuttavia è coerente con l’andamento degli anni precedenti e dei governi che hanno preceduto quello attuale. Ad esempio nel triennio 2013-2015, il Mezzogiorno ha subìto tagli alla spesa doppi rispetto al Centro-Nord. i del Consiglio, ma la scelta di penalizzare le aree deboli del Paese resta sempre inalterata. Guardiamo ciò che è avvenuto nel 2013: le minori spese hanno inciso sul Pil italiano per il 2,7%, che, però, significa meno 2,2% nelle regioni centrali e settentrionali e meno 4,5% in quelle meridionali. Stessa performance nel 2014: al Centro-Nord meno 2,8%, al Sud meno 5,5%. Peraltro, la spending review penalizza il Mezzogiorno soprattutto per quanto riguarda gli investimenti pubblici, la componente di spesa più colpita, contraendo così ulteriormente la domanda necessaria a stimolare la ripresa dell’economia meridionale. La Infatti, secondo uno studio della Svimez e dell’Irpet, nel 2015, il taglio della spesa pubblica, in percentuale sul Pil, sarà del 6,2% nel Mezzogiorno, più del doppio del calo, pari al 2,9%, del Centro-Nord. Nell’anno in corso, la manovra correttiva in rapporto al prodotto lordo, pesa nel Mezzogiorno per il 9,5%, nel Centro Nord per il 6%. «In questo modo la spending review non riduce gli effettivi sprechi ma determina un crollo generalizzato di investimenti pubblici e di incentivi alle imprese» sostengono all’unisono il presidente e il direttore della Svimez, Adriano Giannola e Riccardo Padovani. Se nell’anno in corso il trend è molto negativo per il Sud, non è certo andata meglio in quelli precedenti: infatti, nel corso del triennio 2013-2015, il Mezzogiorno ha subìto tagli alla spesa doppi rispetto al Centro-Nord. 

Se analizziamo quanto ha inciso la minora spesa pubblica sul prodotto interno (e quindi la ricchezza ) delle macro aree nel corso del 2013 ci accorgiamo di un meno 2,2% nelle regioni centrali e settentrionali e meno 4,5% in quelle meridionali. Stesso andamento nel 2014: al Centro-Nord meno 2,8%, al Sud meno 5,5%. Meno investimenti pubblici che hanno un effetto negativo sulla spesa in conto capitale che ha fatto registrare al Sud riduzioni da due a tre volte in più rispetto al Centro-Nord.

In un decennio i cittadini del Sud sono passati dal ricevere quasi 800 euro (2001) a 334 euro attuali. Andamento diverso al Centro/Nord dove si è passato dai 99 pro capite delle aree sottoutilizzate agli 85 attuali.

Sono le imprese pubbliche nazionali ad investire meno al Sud. Nel 2012 ad esempio queste ultime investivano al Sud con una spesa pari a 215 euro pro capite, contro i 318 del Centro-Nord. 

Intanto la disoccupazione al Sud aumenta e con essa l’emigrazione a dimostrazione del fatto che senza un intervento pubblico serio e non clientelare, la desertificazione industriale e sociale di una parte del Paese prosegue.