2014 per il Sud? Non è stato solo deserto

Sulla Gazzetta del Mezzogiorno di oggi, c’è una interessante analisi del giornalista e scrittore pugliese Lino Patruno: il 2014 per il Sud non è stato solo un immenso deserto economico e sociale, nonostante la grande crisi che l’attanaglia.

Qualche esempio? Una azienda siciliana famosa per le sue biciclette d’autore, che ora si è allargata agli ammortizzatori per veicoli industriali e ferroviari. Un’azienda pugliese che si occupa di rifiuti e che ti inventa un robot spazzino servizievole ed efficiente.
E poi. Il Sud ha primati in alcuni settori industriali senza i quali non esisterebbe l’economia italiana. Il Sud esporta nel 91 per cento dei Paesi del mondo. Addirittura nel 2014 aumento di oltre il 40 per cento dell’esportazione dell’agroalimentare, quei prodotti che i sia pur ridotti regali di Natale ci hanno fatto riscoprire. E nonostante tutte le campagne diffamatorie, a cominciare da quelle contro la mozzarella di bufala, il caffè e la pizza napoletani. E l’olio d’oliva pugliese.
Ma c’è dell’altro. Se, come abbiamo visto, capannoni si sono svuotati e serrande si sono abbassate, non è andata ovunque così. Decine di grandi gruppi italiani e stranieri hanno continuato a investire al Sud. Sono aumentate le società cosiddette di capitali, quelle appunto in cui il capitale immesso ha un peso decisivo. E’ al Sud che si è avuto il maggior numero di nuove aziende con giovani sotto i 35 anni. E’ della Puglia il primato nazionale per la maggiore incidenza della ricchezza prodotta da giovani.
Ancòra. Aumentano al Sud le imprese artigiane che diminuiscono altrove. Ed è Napoli (seguita poco più in là da Bari e Palermo) la provincia che esporta più capitani d’impresa. Essendo ovvio che un capitano d’impresa è ricercato più di un termosifone al Polo Nord. Ma essendo anche ovvio che i capitani d’impresa del Sud sarebbero capitani ideali anche al Sud.

 

E conclude:

La Grande Crisi ha dimostrato che anche il Sud, se ne è stato flagellato, non ne è stato cancellato. Evidente anche che non bisogna temere di passare per “sudisti”, come i meridionali alla panna montata chiamano gli irriducibili che, contrariamente a loro, ancòra si preoccupano di Sud. Evidente che se lo Stato taglia (come ha fatto) 3,5 miliardi al Sud, se sparisce il vecchio Fondo per le aree sottoutilizzate, se si riduce il cofinanziamento ai progetti europei, se su 5 miliardi per le Ferrovie solo l’1,2 per cento va al Sud, più che una Resistenza ci vuole una presa della Bastiglia. Beato il Sud che non ha bisogno di rivolte. E beato quello che, ritenendo che non tutto è perduto, cerca di non perderlo.