Ancona: arrestato per contrabbando il dg delle Manifatture Tabacchi

Ve lo avevo detto un po’ di tempo fa che il contrabbando alzava il Pil mentre le bionde ritornavano per strada nei Campi Flegrei col loro carico di banchetti in legno e di welfare sociale alternativo macinava sollievo per i meno abbienti.

Vi avevo anche detto che se è vero come è vero che la responsabilità penale e la riprovazione sociale vanno ai vari “Peppe ‘a Malboro” che le vendono per strada ad un costo di gran lunga inferiore a quello dei tabaccai è altrettanto vero che, talvolta, esiste un network bene oleato tra chi le produce e chi le distribuisce (la criminalità organizzata che ha il controllo del territorio).

Ecco cosa scrivevo :

Così come per il traffico di rifiuti speciali e tossici, anche per quelli illeciti che hanno per oggetto la compravendita di merci altrimenti considerata (normalmente) e qualificata come legale e lecita, c’è una vasta zona di grigio fatta di collusioni ed acquiescenze. La mia idea? Non sempre quella merce costa meno perchè frutto di rapina. Non sempre costa meno perchè è dannatamente uguale all’originale anche se (ufficialmente) non lo è.

Due settimane dopo venivano arrestati, per contrabbando, i vertici dell’azienda di tabacchi Yesmoke (che vi annunciavo essere quelle più vendute proprio sui banchetti dei Campi Flegrei), azienda torinese cui facciamo gli auguri perchè ha ripreso a lavorare, proprio come mi hanno scritto, sotto amministrazione giudiziaria.

Oggi una nuova notizia, vi riporto quella del Sole 24 Ore che è l’unica a spiegare perchè i manager diventano contrabbandieri:

direttore generale della Manifattura Tabacchi di Ancona è tra le 6 persone arrestate (ai domiciliari) in un’inchiesta contro il traffico internazionale di “bionde”. Ufficialmente dirette alle piazze dell’Est, le sigarette sarebbero invece finite sui classici banchetti per strade. Sequestri per 73 milioni sono stati fatti in tutt’Italia e soprattutto in Campania, tradizionale piazza di spaccio di sigarette di contrabbando. Col mercato nero,secondo le ricostruzioni degli inquirenti, gli organizzatori cercavano di ovviare al crollo delle vendite dei pacchetti di sigarette. E i manager mettevano così in salvo i loro bonus produzione, legati appunto alla quantità di vendite. Per “rapporto prezzo e qualità, le sigarette italiane sono migliori”, dice il colonnello della Guardia di Finanza di Ancora, Gianfranco Lucignano.

In parole semplici, visto il calo delle vendite di “bionde” provocato dall’impennata dei prezzi, i manager per salvare i propri bonus di produzione decidono di dirottare una parte del prodotto verso il mercato nero, in special modo quello campano, che invece “tira” (in alcuni casi il pacchetto di contrabbando costa anche meno della metà).

In questo modo i produttori sono contenti, il Pil s’alza, i manager conservano i propri bonus, la criminalità è felice, il welfare alternativo (e delegato) di alcune aree del Paese viene salvaguardato.

La morale della favola? Nell’etica comune di questo Paese il fetentone resta il venditore al dettaglio napoletano (o meridionale), reso celebre dall’interpretazione dell’intramontabile Mario Merola, che grazie alla propria opera contribuisce a tenere alta l’immagine di una Partenope pirata e taroccatrice che tanto rassicura giornalisti, opinionisti e talk show e come scrivevo tempo fa, non si guarda a chi invece, a monte, permette a tutto questo circo di funzionare. Una città, meglio, una macro area del paese che a certi interessi diventa, suo malgrado, funzionale.

Lo ripeto anche qui, mettendo la pulce nell’orecchio a qualcuno: siamo sicuri che lo stesso sistema delle sigarette non venga usato anche per altri settori merceologici? Tipo l’abbigliamento, ad esempio, proprio come quando viene sequestrata merce in piccole aziende che è talmente uguale, ma fatta proprio così bene, che sembra l’originale? E se invece fosse proprio originale?