Bagheria: imprenditori si ribellano e denunciano il pizzo

È una ribellione silenziosa quella che sta avendo luogo in un Sud dove la crisi economica morde più che altrove. Dove il livello di saturazione per dinamiche sempre mal tollerate e delle cui protezioni in alto loco si avvertiva sentore.

A Bagheria la ribellione degli imprenditori che si presentano uno ad uno dalle forze dell’ordine “abbiamo pagato il pizzo”. Una silente ribellione sociale che provoca un effetto a catena.

Lo racconta Live Sicilia, che racconta anche le ragioni di questa scelta, resa possibile dall’azione della magistratura che ha smantellato il network del mandamento che tra Bagheria e Villabate seminava il terrore tra artigiani, commercianti ed imprenditori. Fino a quando alcuni hanno iniziato a denunciare.

La velocità delle indagini ha fatto il resto. Dieci mesi dopo, a marzo scorso, è iniziato il processo. L’attività investigativa, però, non si è fermata anche perché nel frattempo a Bagheria si era pentito Sergio Flamia, un boss che conosce la storia mafiosa di un’intera provincia. Conosce gli autori di decine di delitti ma anche la lunga, lunghissima lista degli imprenditori che negli anni hanno pagato la messa a posto.

I primi giorni di giugno, un nuovo blitz: 31 arresti. In manette finiscono gli uomini della nuova Cosa nostra che, assieme ai boss palermitani, avevano costituito un direttorio provinciale. I palermitani hanno capito che bisogna dialogare con i boss della provincia per serrare i ranghi dell’organizzazione. I carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Agueci e dai sostituti Malagoli e Mazzocco, riscontrano il quadro accusatorio grazie ai collaboratori di giustizia Sergio Flamia ed Enzo Gennaro.

Alcuni mafiosi hanno iniziato a collaborare con la giustizia e le vittime delle estorsioni si rivolgono, sempre più numerose, alle associazioni antiracket.

Che il silenzio e l’omertà si spostino altrove, insieme gli ingenti capitali economici?

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