Caro Matteo, mi stai diludendo, vuoi che muoro? (lettera aperta su una pizza)

Caro Matteo, onestamente ti voglio bene.

In una sola notte, hai cancellato anni ed anni di messaggi astiosi e livorosi verso i napoletani ed i “terroni”. Ti ricordo, giovane ed imberbe, con una birra appena tracannata, urlare al cielo quel  grido di battaglia da stadio, “senti che puzza scappano anche i cani stanno arrivando i napoletani, o colerosi, terremotati, voi col sapone non vi siete mai lavati..:”, mi hai fatto rabbia, e provocato quell’insano fastidio che mi  farebbe un comizio di Goebbels, o il parere scientifico di Lombroso.

Te lo confesso. Da ieri sera, nulla di tutto ciò, sento per te la benevolenza del buon samaritano, quella affectio simile all’immagine di Bartoli che passa la borraccia a Fausto Coppi (o viceversa). Mi maledico per questa scelta, ma credimi, non riesco a farne a meno.

E sono solidale con te, contro questi attacchi e questi insulti che ti stanno piovendo addosso, per aver pubblicato la foto di una pizza fatta in casa. Ignorali.

Quello scatto è un atto di verismo, di neorealismo padano. Coraggioso. Lo hai fatto imitando quelle centinaia di utenti meridionali che ogni settimana a qualsiasi ora del giorno e della notte pubblicano puparuoli mbuttunati, past e fasul coteche e cozze, parmigian e mulignan, pasta e provola, con la stessa grazia ed eleganza di una pennellata di Renoir. Lo fanno senza timore, con macchine digitali, caserecce, mostrando opere maestose ed imponenti, che mi suscitano, lo confesso, invidia ed un insano bisogno di divorare quelle leccornie.

Un mio trisavolo, pittore, scriveva che la pittura e la fotografia, a differenza della letteratura, partono dalla Verità e non dalla finzione. Perchè fermano un momento, reale, vero e lo eternano. Proprio come la casalinga di Quarto che mostra orgogliosa il tortano.

E così, pure tu hai fatto. Ed in quel momento è crollata,in me, l’idea platonica che avevo di te. Di un uomo razzista, rabbioso, che odia i terroni. Mi ero sbagliato. Nulla di tutto ciò.

Perchè con tutta la buona volontà, uno che pubblica una cosa del genere: e la chiama pizza, ha bisogno di essere gastronomicamente (ed esteticamente) recuperato.

pizza

Mattè, ti prego giurami che non l’hai fatta mangiare a nessuno questa cosa. Dimmi che era uno scherzo per sfottere i napoletani. Ti credo e ci crediamo tutti, perchè davvero immaginare che qualcuno abbia potuto portare alla bocca questa “pizza”(?!?!?!), ci mette ansia e preoccupazione, per la tua incolumità e quella altrui. Mattè quel bordo è un oggetto contundente, a meno che tu non voglia usarlo come arma ninja. Dicci la verità, l’ha fatta Edward Mani di Forbice?

Mattè mi stai diludendo, vuoi che muoro?!

Qui non è in ballo l’appartenenza territoriale o l’identità regionale, questa è una questione politica, hanno ricoverato Bastianich e Cracco ieri sera, per questa foto. Poi gli hanno raccontato che era uno scherzo di Sorbillo (che stava nero per l’ennesimo fallimento del tiro a giro di Insigne) e si sono ripresi.

Matteo fratello caro, la ricetta della pizza è stata quella più cercata su Google nel 2013, mò dico io, stai semp con l’aipad in mano per sfrocoliare la mazzarella a noi terroni, che ti costava cercare un tutorial sulla pizza??

Ieri sera hai fatto intossicare più napoletani tu, che il gol di Calaiò. Se hai deciso di cambiare le strategie politiche della lega, e combatterci su questo terreno, hai vinto tu, non possiamo nulla davanti a questa devastazione gastronomica e psicologica. Ci hai annientati nell’animo.

Io mi arrendo. Per evitare che prosegui, giuro che voto Lega e ti faccio pure campagna elettorale, ma agg pacienz, mattè, liev man, lascia perdere, non facciamoci del male.

Se poi è tutto vero e ti stai avventurando su questo sentiero della gastronomia autodidatta, ti ospito una settimana nei campi flegrei, ti porto da giggett o zuzzus sul porto di Pozzuoli e ti prometto che dopo una settimana farai le pizze meglio di Sorbillo. T’ cagnamm pur o nomm, ti cambiamo nome, Matteo Ciro Salvini, così fa pure più scena.

Con immutata stima, Lazzaro.