Così Branduardi e Bennato salutano “Brigante se more”

14202786_1780134102254828_1121478717653597426_n

Con un nome così, non poteva che essere indissolubilmente legato all’identità della propria terra. Quella inclusiva e non esclusiva. Quella che accoglie senza perdere di vista chi è, anzi trovando nell’altro i semi di se stessa.

Quella che, col Neapolitan Power, chiedeva e rivendicava, denunciava fuori dagli apparati e dal pensiero unico radical chic, quello con la puzza sotto al naso perché ‘o napulitan nun po’ tenè mai ragione oltre ogni nostalgismo. Già più di quarant’anni fa. E quando la musica cambia, tremano pure le mura delle città. E niente di quanto era ed è stato è più al sicuro dalla messa in discussione.

Non è un caso quindi che anche un mostro sacro della musica italiana abbia deciso di omaggiare Carlo D’Angiò con una rilettura non stereotipata della storia dell’Unità d’Italia.

Un omaggio a Carlo D’Angiò, Artista di notevole spessore e storiografico oltre che musicista. Basti pensare che è stato uno dei primi a spiegare in musica il fenomeno del Brigantaggio come vero e proprio movimento di Resistenza e non comuni delinquenti come i libri ufficiali di Storia ci hanno voluto far credere.

Sofiuzzella era la la principessa contadina che tutti chiamavano Iuzzella, figlia illegittima della regina Maria Sofia di Borbone.

14202786_1780134102254828_1121478717653597426_n

Non poteva mancare l’omaggio di Eugenio Bennato:

L’artista non muore, non può morire. Può trasformarsi in un mito, in una luminosa meteora che è passata e ha lasciato un segno indimenticabile.
Carlo D’Angiò, primo fra tutti, ha trasformato con la sua voce i canti antichi della tradizione del sud in espressioni vive e antagoniste del mondo contemporaneo. L’energia di quella proposta ha conquistato anime e menti, coinvolgendo nuove generazioni e dando avvio ad una vera rivoluzione di costume di cultura e di arte.
“Brigante se more” l’abbiamo scritta insieme, in una serata di primavera del 1979. Toccava a noi dare una voce alla storia negata dell’insorgenza meridionale, intervenire creativamente dove la tradizione taceva, e rompere con una semplice melodia un silenzio che durava da oltre un secolo.
Quel canto è diventato un inno, l’inno del sud cantato da milioni di spiriti ribelli, e fin quando risuonerà, Carlo sarà sempre lì, presente e sorridente accanto a noi.