E la Patania si vuole fottere pure l’acqua

C’è una interessante analisi del vice presidente di Legambiente, Edoardo Zanchini, pubblicata sul Manifesto: in questo orgasmo da autonomia le regioni del Nord finirebbero per fottersi pure l’acqua.

Intanto le regioni del Nord si apprestano a mettere le mani su quanto considerano “loro” attraverso le norme ordinarie. Nel Decreto semplificazioni approvato dal Senato è previsto il trasferimento alle Regioni delle centrali idroelettriche oggi in concessione. Allo Stato verrà tolta la proprietà e la possibilità di stabilire le regole per la gestione, ma soprattutto la riscossione dei ricchi canoni di cui beneficeranno direttamente Lombardia, Veneto e le altre Regioni del Nord dove si trova larga parte delle dighe e delle condotte costruite all’inizio del secolo scorso. L’obiettivo è economico, far rimanere i soldi dell’acqua nei territori, ma secondo una folle teoria per cui l’acqua è pubblica ma ogni territorio ne è padrone. Una tesi pericolosissima, che mette in crisi ogni idea di solidarietà territoriale ma anche di corretta gestione di una risorsa delicata e, non dimentichiamolo, sempre più a rischio per i cambiamenti climatici. Secondo questo principio si potrebbe arrivare a dazi regionali per l’acqua che scende dalle Alpi verso la pianura Padana o dall’Appennino verso Firenze e Roma, dalla Lucania alla Puglia.Nel Rapporto Pendolaria che Legambiente ha presentato ieri a Roma viene descritta la situazione dei treni nel nostro Paese e la situazione che vivono i cittadini del Sud. Il numero dei treni del servizio regionale in circolazione al Sud e’ inferiore a quelli della sola Lombardia. Senza considerare che l’Alta Velocità si ferma a Salerno, che gli intercity sono di meno e i treni sono più vecchi e lenti. Vale per i treni come per altri servizi essenziali, e con la riforma istituzionale questa situazione già inaccettabile di per se, potrebbe addirittura peggiorare. Abbandonando il Sud al suo destino e con le Regioni del Nord che si potrebbero gestire direttamente le risorse, già squilibrate, che ricevono oggi dallo Stato.

Ma il terrone affascinato dal “cappetano” tutto questo lo ignora, non vuole saperlo, perché il buana patano va blandito e compiaciuto.

Baciamo le mani.