Facimm o’ business della pastiera!

Mentre vi imbarcate sui traghetti della pasquetta, satolli di ogni ben di Dio, che conducete con voi anche al sacco, giunge la notizia di Coldiretti : nella regionalistica, a tratti industriale, bagarre gastronomica pasqualina, tra pastiere di cartone ed esperimenti di casatielli falliti, quella artigianale, la pastiera intendo, ha vinto in tutta Italia, come portata finale del pranzo pasquale.

Le pietanze d’origine territoriale fatte in casa hanno trionfato un pò ovunque, secondo coldiretti, ma, da quanto si apprende, nell’Italia appassionata del km 0 e nel Sud del compra solo meridionale ed artigianale, alla pastiera è andata la palma del dolce pasquale.

In un sol colpo si sono sciolte come neve al sole, le dichiarazioni oracolari di corsivisti e direttori di giornali che si sperticavano,in un misto di didascalia ed acrimonia verso i “suddisti meridionalisti bobbonici” , che invitavano all’acquisto di prodotti aritigianali ed a km0 anche a Pasqua, in analisi micro e macro economiche su casatiello e pastiera, organizzando tavole rotonde, forum, frizzi, lazzi, interviste ed indafgini di mercato.
Basta con la ricetta della nonna, brevettiamo marchi, nomi ed abitudini, facimm’o bisiness rá pastiera!
Risultato? La pastiera di mammà e del bar sotto casa ha vinto, contro le speculazioni nominalistiche di talune aziende di altre latitudini che hanno venduto a poco più di 1 euro il surrogato di pastiera.
Cosa ci insegna tutta questa storia? Che fondamentalmente agli analisti di cui sopra stanno sfuggendo alcune “mutazioni” delle abitudini degli italiani, per usare un eufemismo, e dei cittadini meridionali in particolare. Effetto della crisi o di una nuova presa di coscienza che finisce per contagiare l’intero paese? In un contesto dove le eccellenze enogastronomiche meridionali confermano un grande ed indiscusso appeal, forse proprio per il loro carattere “artigianale” e non codificato dal piattume della globalizzazione.

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