“Gialappa’s e Litizzetto: la satira che fa ridere solo l’Italia Spa”

Rosario dello Iacovo oltre ad esser lo storico agente dei 99 Posse, è uno dei più esperti conoscitori ed indagatori dell’Hip Hop napoletano (è l’attuale agente di Francesco Paura e per un periodo ha seguito anche i Fuossera). All’indomani del successo di Rocco Hunt al Festival di Sanremo, di cui parlerò solo incidentalmente, l’ho contattato per chiedergli cosa ne pensa di questa sorta di new wave dell’hip hop napoletano che, per fortuna, nella stampa nazionale, ha definitivamente fagocitato il disimpegno neomelodico.

Fuossera, Clementino, Rocco Hunt, O’Iank, l’hip hop e il rap napoletano, da denuncia sociale a denuncia sociale identitaria? il dialetto che si fa lingua e si riappropria del territorio scevro da qualsiasi contaminazione generalista abusata e globalizzata?

ll recupero dell’idioma, preferisco chiamarlo così per bypassare l’annosa questione lingua o dialetto, in realtà è merito della generazione delle Posse, anche se il neapolitan power della generazione di Pino Daniele, James Senese, Tullio De Piscopo aveva già sperimentato il suo uso fuori dai canoni standard della tradizione. A mio avviso si tratta di una scelta identitaria che però non ha una natura escludente, ma piuttosto è volontà in qualche modo politica di schierarsi con gli ultimi. Il napoletano ha da sempre e ininterrottamente la funzione di strumento espressivo e artistico, però quella scelta ha pagato anche per un idioma meno conosciuto e comprensibile come il salentino, portato dai Sud Sound System a livelli di notorietà mai visti prima. Nella scena meridionale ci sono gradi diversi di adesione consapevole alle tematiche identitarie: si va da ‘O Iank dei Fuossera che ne fa il perno della sua produzione, a quello dei 99 Posse che da Napolì a Italia Spa (della quale sono in buona parte l’autore) hanno privilegiato un meridionalismo che fosse paradigma universale per tutti i sud del mondo. In altri artisti è più sfumato, forse semplicemente dettato dal fatto che il napoletano è l’idioma più vivo e diffuso in Italia dopo l’italiano.

Secondo te è giusto dire che siamo passati da una tradizione melodica che accettava lo status quo e ne faceva un lamento (tipo gli schiavi di colore nelle piantagioni di cotone) ad una che prende coscienza e ti spiattella in faccia la realtà da colonia, senza retorica, proprio come i neri dei ghetti delle metropoli americane?

Senza dubbio sì, inizia come dicevo già con il neapolitan power, ma trova piena espressione in pezzi come Napolì, Figli di Annibale o Sud degli Almamegretta, nei primi anni novanta.

Con tutto ciò che ne consegue in un paese politicamente scorretto, per il quale se parli il linguaggio del ghetto, e inviti qualcuno ad alzare le mani, l’idiota di turno chiosa “perchè arriva il compare e ti ciula il portafogli“…

Questa rappresentazione del sud è universalmente diffusa in Italia, e in qualche caso fatta propria anche dagli stessi meridionali che si sentono più furbi pensando a se stessi come quelli che non pagano le tasse, che passano col rosso. In realtà, se fossero i più furbi le loro città non sarebbero in coda alla classifica della qualità della vita e in testa a quelle della disoccupazione e dei flussi migratori. Io ho vissuto spesso lontano da Napoli, anche a Milano e a Firenze, e ho riscontrato che anche persone progressiste la fanno propria, basti vedere le recenti uscite della Littizzetto o della Gialappa’s Band. Secondo questa lettura, il sud era borbonico e perciò arretrato anche prima dell’Unità, quindi siamo in partenza i cugini scemi o mafiosi, quando invece le organizzazioni criminali si istituzionalizzano proprio con l’Unità ricevendo il ruolo di gendarme nei confronti delle popolazioni locali. In Sicilia i contadini occupavano le terre, i mafiosi gli sparavano, i latifondisti li assumevano e li armavano, e i tribunali dell’Italia Spa li assolvevano.

Sei d’accordo con me però che proprio grazie alla musica di gente come Hunt, che ha trionfato a Sanremo giovani, e per il quale il mio dialetto si deve sentire, proprio quello che assurgeva a manifestazione di minorità (“l’accento, il dialetto) o nel migliore dei casi, a goliardica rappresentazione di una macchietta, stia diventando invece un elemento di rottura col passato e di emancipazione?Un pò come lo fu “curre curre uagliò” che ruppe definitivamente l’ammorbante conformismo della Milano da bere?

Certo, perciò colloco la nascita del fenomeno nei primi anni novanta: napulitano, terrone, ignorante, diventano il rovesciamento concettuale di termini utilizzati con un’accezione offensiva che diventano, invece, dichiarazione identitaria.

Non credi che la presa per culo della Gialappa’s sia, inconsciamente una reazione a questo impegno del terrone, non più succube al clichè dell’omertoso che subisce e non denuncia?Quello che ispira anche le battute della Litizzetto?

No, è ancora peggio, come dicevo prima sia l’una che gli altri sono notoriamente schierati a sinistra, sono dei cosiddetti progressisti, ma non hanno altre categorie da utilizzare in chiave ironica, quando si parla dei meridionali. Il meccanismo per il quale, il sardo è associato al pastore, il siciliano al mafioso, il napoletano a quanto di peggio possa esistere sulla terra. Anche chi non pensa di essere razzista fa sue queste categorie, che sono in fondo la vulgata con cui si rappresenta un paese costruito strutturalmente in maniera duale, dove il sottosviluppo imposto di una parte è la conditio sine qua non dello sviluppo di un’altra.

Insomma fino a quando si trattava dei neomelodici gli andava di lusso…

Ovvio, un mercato di nicchia di terroni che cantano per terroni. Però poi Gigi D’Alessio riempie gli stadi e mostra che alla fine all’italiano medio mica dispiace tanto questa roba.

Tra l’altro mi sbaglio o ieri sera, molto superficialmente, dalla Gialappa’s sono stati tirati in causa anche i 99 posse e il loro impegno?

Balbettano qualche verso di Curre Curre Guagliò, sempre perché secondo il loro discutibile umorismo fa gioco alla messa in scena del terrone.

Nel frattempo aspettiamo Django, l’eroe di colore che si emancipa dalla schiavitù, nell’omonimo film di Quentin Tarantino?

Nel frattempo si prendono i like su Facebook, non si riesce ad approdare a una dimensione pienamente politica del nuovo meridionalismo. Quando un territorio viene privato della possibilità di sviluppo la plebe non si fa popolo e la borghesia che è quasi esclusivamente di Stato non esercita quella funzione rivoluzionaria che gli attribuisce giustamente Marx. Plebe e borghesia di Stato sono i due attori principali di ogni regime coloniale e clientelare.

Consoliamoci e ridiamoci su. Non emigriamo. Colonizziamo.

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