Gramellini di fine luglio: mandiamo l’esercito al Sud

A quasi un mese di distanza (la data è del 30 luglio) questo editoriale di Gramellini mi era sfuggito.

Il giornalista piemontese nel suggerire cure per il Sud, si comporta come qualche suo corregionale di 154 anni fa e prescrive:

trasferire il controllo del territorio dalle mafie allo Stato (non alle mafie di Stato), se è il caso con l’impiego dell’Esercito

Che originalità, chissà dove è stato Gramellini negli ultimi 20 e passa anni quando gli eserciti per le strade (“Vespri Siciliani” ve la ricordate?) non hanno fermato nè debellato le mafie nè, cosa recente, hanno impedito i roghi tossici nella Terra dei Fuochi, ove l’esercito invocato dal nostro giornalista era stato all’uopo inviato.

Ma tant’è è giusto che quei terronacci si sentano come la colonia di un Paese di gente civile che ti manda i bei ragazzotti, sovente autoctoni, con i fucili in bella vista che fanno solo ridere i boss che con lo Stato parlano, trattano e fanno affari. Olte a celebrare sontuosi funerali.

Poi, a proposito dell’Università scriveva:

E poi: investimenti pubblici mirati su agricoltura e turismo, e una drastica riforma universitaria anti-clientelare che spazzi via il pulviscolo delle facoltà che fabbricano disoccupati e concentri ogni risorsa su quattro-cinque atenei, uno per regione, facendone poli di eccellenza.

Anche qui Gramellini pare cadere al pero e non aver in alcun modo letto i dati Istat sul rapporto tra disoccupati meridionali e il livello di istruzione. E allora uso quanto scritto da Marco Viola su UniNews 24:

A voler essere maliziosi, si potrebbe pensare che tanto rancore verso il mondo accademico derivi da qualche frustrazione personale di Gramellini: mai laureatosi, una volta definì gli anni di iscrizione a Giurisprudenza “i più stupidi e inconcludenti della [sua] vita”. Ma, evitando di indulgere nella psicanalisi da bar, limitiamoci a un rapido fact-checking sull’affermazione per la quale gli atenei del Sud sarebbero una “fabbrica di disoccupati”.


Sarebbe bastato fare una decina di minuti di ricerca sui database di ISTAT per scoprire che la disoccupazione, nel Mezzogiorno, colpisce molto più duramente chi non ha conseguito una laurea. Per citare un solo dato, consideriamo il tasso di disoccupazione per tutta la popolazione sopra i 15 anni, nel primo triennio del 2015: il 20,5% in media, che scende a 12,2% per i laureati. Certo che per essere fabbriche di disoccupati, questi atenei del Sud sono proprio inefficienti; ma d’altronde, si sa, nel Sud Italia non funziona niente.

istat mezzogiorno


Per quanto riguarda l’idea di concentrare le risorse in 4-5 poli di eccellenza (che poi è la riedizione di un’idea di Renzi): ammesso e non concesso che si decida di rottamare alcune di queste ‘fabbriche difettose di disoccupati’, prendendo alla lettera l’idea di salvarne “una per regione” ci si ritroverebbe al paradosso di lasciare intatti i piccoli atenei come quello della Basilicata e del Molise, unici nella loro regione, e di dover invece scegliere se decapitare (o accorpare?) atenei voluminosi e prestigiosi come la Federico II o l’Orientale di Napoli.


Ora, le proposte un tanto al chilo come quelle di Gramellini non sarebbero un problema se fossero scritte su qualche comunicato di secessionisti nordisti col tank nel cortile. Ciò che rattrista è che campeggiano sulla prima pagina di un quotidiano nazionale.

Continua a parlare di Sud e a pianificare per il Sud, chi il Sud non solo non lo conosce ma lo guarda ancora col cappellone del civilizzatore occidentale. E non mi riferisco solo a Gramellini.

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