L’insegnante terrone che fa l’anti italiano

Ci avete fatto caso? Nell’ultimo anno è tutto un fiorire di libri e pamphlet, che finiscono per contraddirsi in casa ( vedi Il Mulino con i testi di Felice da una parte e la smentita dati alla mano di Malanima dall’altra), che puntano l’attenzione al Sud come radice endemica dei mali italiani.

In sostanza: siete rimasti indietro perché avvezzi al misticismo e alla magia e perché avete votato una classe politica impresentabile ( che grazie ad una legge elettorale di matrice padana,tuttavia, catapultava al Sud persone discutibili senza possibilità di scelta, selezionata nei camerini dei bunga bunga o nelle fumose stanze del do ut des).

Principio questo che non gode di reciprocità di giudizio. Così non è colpa dei lombardi se alcuni amministratori locali gli si sono fregati soldi per farsi rimborsare mutande, collant e patatine fonzies. E neanche è colpa del Nord se imprenditoria locale e la mafia d’importazione fanno la luna di miele, coperti di silenzi ed omertà. Scherzate? Solo al sud nessuno parla. E la piovra in salsa meneghina ringrazia.

O’professore Galli della Loggia, sul Corriere del Mezzogiorno di ieri, nello stesso solco, scrive: un’ampia parte dell’intellettualità meridionale — io credo la maggioranza, se si considera quell’intellettualità diffusa costituita per esempio dagli insegnanti — è ormai convinta di ciò: la colpa del ritardo storico del Mezzogiorno è dell’Italia.

Il nuovo totem dell’antiitalianitá: l’insegnante meridionale, marò!!

Il professore è uno di quei giornalisti che non si muove dalla stanzetta del quotidiano. Legge ed ascolta la propaganda leghista, i Tg dove o’ napulitan puzza e se ne convince.

Se il professore fosse stato un giornalista giornalista, si sarebbe recato in un giorno qualunque dalle 04.00 alle 08.00 di una maledetta mattina di provincia, alla stazione FS di Villa Literno, dove, tra i fumi della notte della Terra dei Fuochi e qualche discarica abusiva ( creata dall’Italia SPA per salvare la propria industria, ma la colpa non è dell’Italia,non ditelo a Galli della Loggia), una ciurma di nuovi insegnanti, meridionali e precari (per lo più donne) si  “imbarca” su uno dei pochi diretti per Roma Termini.

Lerci e sporchi ( nella maggior parte dei casi da quanto si evince dagli adesivi sui vagoni, “donati” dalle regioni a Nord del Garigliano, tipo la Toscana), stipati come sardine, in perenne ritardo, sovente soppressi ( ma non è colpa dell’Italia eh), questi vagoni conducono le insegnanti meridionali a Roma.

Se Galli della Loggia si muovesse dalla sua poltroncina in pelle, le troverebbe sedute dove capita (i suoi colleghi giornalisti scriverebbero “come extracomunitari”) ad attendere le telefonate di qualche scuola in cui, un insegnante chissà se pure lui o lei meridionali o di altre regioni, non può tenere lezione perchè assente.

La prof. emigrante, quelle che ho conosciuto io direttamente erano maestre di scuola dell’infanzia ed elementare, aspetta la telefonata che, se arriva, la condurrà in una scuola di Roma Nord, o di Casal Palocco, in media una 50ina di chilometri di distanza da Roma Termini, ed avrà un’oretta di tempo per evitare il traffico, sperare che non ci siano manifestazioni e scioperi dell’Atac, per raggiungere l’istituto. Fatta la sostituzione, di un collega magari in regime di part time, quindi per un 700 euro al mese, percorrerà il cammino a ritroso, ritornando a casa dopo 15 o 16 ore. Ad attenderla l’odore inconfondibile dei copertoni bruciati, di qualche azienda..mmmm..italiana?

 Insegnanti dai 25 ai 40 anni di una esistenza precaria, con cui viaggio spesso,  in attesa ogni giorno del caporale italiano che dia loro qualche euro per vivere in una terra con stipendi da paesi post sovietici.

La domanda stupefacente sarebbe: perché questa nuova generazione di insegnanti meridionali non dovrebbe prendersela con l’Italia ( la prego ci risparmi tutta la fuffa radical chic). Dopo 30 anni di leghismo al governo in cui il ruolo dell’insegnante terrone è assurto a paradigma di lesa maestà delle identità locali padane, tra l’altro.

Ma tutto questo Galli della Loggia non lo sa, i mali del Sud sono endemici, i terroni sono geneticamente inferiori, e la colpa non è dell’Italia.
Lui non lo sa, noi si.

PS: se la telefonata non arriva, per il giovane insegnante terrone anti italiano, sarà stata l’ennesima giornata a bruciare denaro e speranze, lontano da casa, nell’attesa dei Tartari.

7 Risposte a “L’insegnante terrone che fa l’anti italiano”

  1. 2 Domande:

    1) Il racconto che fai è realistico o un pò romanzato? Cioè queste insegnanti di cui parli, esistono davvero e fanno davvero quella vita li?
    2) Lo sai che quando apro questo blog a destra mi appare la pubblicità di una nota azienda brianzola di lamiere?

    1. Non è romanzato, purtroppo. Puoi verificare tu stesso. Esistono queste persone. Basta prendere uno dei diretti che agli orari indicati va a Roma Termini, da Villa Literno. Molte volte le supplenze restano scoperte proprio perchè alla fine alcune di loro rinunciano perchè devono rimetterci soldi. Altre ce li rimettono,invece, semplicemente per fare “punteggio” e magari diventare di ruolo a 60 anni. A volte il gioco non vale la candela perchè magari la maestra da sostituire si assenta soltanto per un giorno. O due.

      La pubblicità che vedi non dipende da me…Credo che sia relativa anche alle ricerche che effettui su internet o dai tuoi interessi, presumo sia personalizzata. A me per esempio compaiono video di storia…

  2. Mamma Mia….
    Mazzarri il chiagnazzaro dovrebbe farti i complimenti…
    Mai letti tanti luoghi comuni tutti assieme!!!
    E’ indubbiamente vergognoso che ci possa essere qualcuno che disprezzi una categoria di lavoratori (per il solo fatto che è sempre sbagliato fare “di tutt’erba un fascio”) però mi sono sempre domandato: se è stressante aspettare la chiamata per la supplenza (che spesso non arriva) … se si viaggia in treni sporchi e lerci (come se i treni li pulissero a Stoccarda e il personale sia di Stoccolma)… e via così piangendo… NON potrebbero, i poveri insegnanti precari, cambiare obiettivo di vita? Mica siamo nati tutti per fare l’insegnante?? Personalmente mi sarebbe piaciuto fare il filosofo… ma siccome non si guadagna molto mi son messo a fare il ragionere.

    1. Vede Antonello, per fortuna non tutti pensano ai soldi come lei. E al fatto, come scrive, che “non si guadagni molto”, ci sono cose che si chiamano sogni ed aspirazioni, infatti la maggior parte dei giovani lasciano il sud e questo paese dove lei fa il ragioniere e se ne vanno altrove. Se le insegnanti di cui ho raccontato pensassero ai soldi, evidentemente farebbero altro. Magari qualcuno di loro sceglie di fare il ragioniere, chissà.
      O lavorano nei call center dove rispondono a gente che non gli manca di ricordare di cambiare lavoro.

      I treni li pulisce personale italiano, evidentemente ditte appaltatrici di trenitalia,quindi? È giusto che si viaggi in carri bestiame? E la cosa divertente è che questi treni sono sporchi già dalla mattina, quando provengono dai depositi. Evidentemente non li ha puliti nessuno. Ma tanto chi se ne accorge, quelli al sud sono abituati a vivere nella monnezza, no ?

      Peccato non sia riuscito a seguire le sue aspirazioni e a diventare filosofo.
      Con stima.

      Ps: per quanto riguarda “i pianti”, solo chi non denuncia e tace si accontenta di quello che c’è. Forse perché ne trae vantaggio.

    2. Non avrei mai pensato in vita mia di dover difendere delle dipendenti statali meridionali..però scusate, queste ragazze fanno una vita pazzesca. Cambiare lavoro? Facile a dirsi..se non c’era abbastanza lavoro come insegnanti perchè lo stato continua a far laureare giovani in quei settori? Che si chiudano le facoltà di lettere, storia ecc. Non ci sono posti, basta produrre disoccupati.
      Certo però non è colpa di chi queste università le ha frequentate, spendendo anche dei gran soldi, e adesso è costretta a fare questa vitaccia.

      1. Bravo Luca. Però non farti sentire da Galli della Loggia se no dice che pure tu stai diventando sudista e borbonico. Questi vivono fuori dalla realtà in difesa di un corpo ormai morto.

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