Massimo Cacciari ed i luoghi comuni sul Sud

Nel corso della puntata di Matrix di giovedi sera, il filosofo Cacciari si alza e si allontana dalla poltrona di ospite della trasmissione, dopo aver risposto con la solita giagulatoria di luoghi comuni verso il Sud, dopo che il giornalista Marco Esposito gli aveva snocciolato i dati (consultabili sui siti istituzionali) dello scarso investimento dello Stato al Sud. Fatto di chiacchiere e distintivo.

Cacciari non è nuovo a tali luoghi comuni, tanto è vero che lo scorso gennaio, sulla rivista Economia e Politica, Carmelo Petraglia dell’Universitá della Basilicata, smontava le “teorie cacciariane”

Il primo luogo comune: il Nord è una locomotiva frenata da vagoni troppo affollati da meridionali evasori e spreconi.

Le statistiche Eurostat sull’andamento del PIL pro capite nelle regioni europee raccontano una storia diversa che troppo a lungo, e in maniera strumentale, è stata sottaciuta. Negli anni del declino nazionale, si è verificata la caduta parallela delle economie di Nord e Sud Italia. Il declino è stato uniforme a livello nazionale: nella graduatoria delle regioni europee, dal 2000 al 2010 la Lombardia è scivolata dal 17° al 28° posto, l’Emilia Romagna dal 19° al 44°, il Veneto dal 28° al 55°, il Piemonte è sprofondato dal 40° all’84°. In discesa anche (non «solo»!) le regioni meridionali. Questa evidenza sconfessa la tesi di un Nord locomotiva del Paese dallo slancio frenato dal Mezzogiorno, al netto del quale figurerebbe tra le macroregioni più avanzate d’Europa. L’immagine è piuttosto quella di un treno – dalla locomotiva fino all’ultimo vagone – fermo alla stazione da tempo e incapace di ripartire, anche a vagoni vuoti.

 

 

Secondo luogo comune. L’evasione fiscale è sistematicamente più elevata al Sud.

L’economia sommersa è tema troppo complesso per essere ridotto a fenomeno peculiare di una parte del territorio nazionale popolato da cittadini antropologicamente inclini all’evasione e al crimine. E comunque, nonostante l’opinione largamente diffusa, da molti studi risulta il contrario. È questo il caso dell’indagine condotta nel 2011 dal Gruppo di lavoro “Economia non osservata e flussi finanziari” istituito dal Ministero dell’Economia;dello studio della SVIMEZ su dati Istat, Agenzia delle Entrate e Ministero dell’Economia pubblicato nello stesso anno[4]; di alcune ricerche più recenti pubblicate da altri ricercatori.

 

 

Terzo luogo comune. Il peso che il Nord deve sostenere per i conti generali del Paese, è un dato oggettivo.

È la riproposizione della tesi leghista dell’ingiustizia fiscale sofferta dal Nord, il cui surplus primario coprirebbe gli sprechi di un Sud beneficiario di un flusso sovrabbondante di risorse. A sostegno di questa tesi, vengono di solito portati i dati relativi ai residui fiscali pro capite delle regioni italiane. Questi ultimi vengono calcolati come differenza tra la partecipazione di un contribuente medio di una regione al finanziamento dell’azione pubblica (in primo luogo attraverso il pagamento delle imposte) e i benefici che lo stesso riceve da tale azione (soprattutto sotto forma di servizi pubblici).

In effetti, da diversi lavori scientifici risulta univocamente che le regioni del Mezzogiorno beneficiano di notevoli trasferimenti interregionali, soprattutto dalle grandi regioni settentrionali. Ma questa evidenza non è di per sé sufficiente a dimostrare che la redistribuzione così realizzatasi sia «eccessiva». È solo l’ovvio riflesso del dualismo economico del Paese, la conseguenza del normale operare della funzione redistributiva dello Stato centrale che produce, fisiologicamente, un trasferimento di risorse da contribuenti a maggiore capacità contributiva a contribuenti meno abbienti ai quali deve essere assicurato lo stesso livello di servizi pubblici.

I residui fiscali negativi delle regioni meridionali, dunque, non sono altro che il riflesso della redistribuzione nell’azione pubblica diretta all’attuazione dei principi costituzionali della progressività del sistema tributario, dell’universalità della spesa pubblica e della perequazione dei territori in ritardo di sviluppo.Strumentalmente, la redistribuzione interpersonale tra contribuenti a diversa capacità contributiva viene confusa con la redistribuzione tra i territori di residenza degli stessi. Ha poco senso affermare che il Sud ha dei residui fiscali «troppo alti» se non si specifica quale sia il valore di riferimento «giusto», rispetto al quale il giudizio viene espresso.

Continuare a riproporre certi luoghi comuni, vuol, dire fornire, come ripeto spesso, alibi e pretesti banalizzanti che non potranno favorire la ripresa di un paese in declino. Non solo ma equivale anche a proporre in maniera discriminatoria solo gli aspetti negativi che penalizzerebbero il Nord nei confronti del Sud e non anche quel’ “effetto dispersione” che contribuisce al trasferimento al Nord di risorse che non restano sui territori meridionali (i famosi 100 euro di spesa fatta al Sud, in cui oltre il 50% si trasferisce a settentrione).
O ancora, tace sul trasferimento dal Sud al Nord del capitale umano che sottrae ricchezza a danno di uno e a favore dell’altro.