Napoli: al via l’usanza del “pane sospeso”

Dopo il caffè offerto al mondo, il libro regalato allo sconosciuto, la solidarietà e la crisi hanno imposto ai napoletani una nuova usanza, il “pane sospeso”.

Se crollano i consumi, con stipendi che a Napoli sono nella media dei paesi post sovietici, ecco che lo spirito di comunità si fa solido e propositivo.

 «Se il lavoro non c’è – racconta Mimmo Filosa, presidente campano dell’associazione di categoria Unipan – anche il consumo di pane finisce per ridursi: nel 2013 i forni della nostra regione hanno registrato una flessione del 30% delle vendite. La gente continua a comprare, ma riduce al minimo gli acquisti pur di arrivare a fine mese». Filosa non si preoccupa del calo di fatturato della categoria, quanto piuttosto del «significato sociale più profondo» di questo dato. «I panifici sono da sempre termometri fedeli di quello che succede alle persone. Ma al pane non si può e non si deve rinunciare», commenta il panificatore di San Sebastiano al Vesuvio. Da qui è nata l’iniziativa del pane sospeso, variazione sul tema del caffè sospeso che Unipan ha lanciato in Campania. «Il funzionamento – spiega Filosa – è lo stesso: i clienti con maggiori possibilità fanno spesa doppia e “riservano” una forma di pane a quelli per cui ormai anche spendere un euro e 80 centesimi è diventato un problema. (fonte il Sole 24 Ore)

Una tradizione che vive dello spirito d’accoglienza di una città e che si nutre del “cuore” dei suoi abitanti. Una tradizione che trasforma le persone in un unicum, e quell’unicum in   una patria ideale con propri usi, costumi e lingua, proprie.

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