Alla fine, nella lotta alla ’ndrangheta in Piemonte, ha vinto la linea del procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli. Che ha sempre avvertito come le cosche calabresi: «Siano una realtà consolidata e saldamente inserita nel nord Italia».
Ieri, al processo nato dall’operazione «Minotauro» che, due anni fa, portò in carcere 150 persone residenti nel Torinese, tra affiliati alle cosche, politici e professionisti, è arrivata la richiesta delle pene per 73 imputati. E la procura ha presentato il conto alla ’ndrangheta per un totale di 733 anni di carcere. «La pericolosità di questo sodalizio criminale – commenta il procuratore aggiunto Sandro Ausiello – non permette a nessuno di sottovalutare il fenomeno o di relegarlo a un’immagine di folklore regionale».
Piccolo Post Scriptum: le mafie non attecchiscono se non trovano terreno fertile e persone del luogo pronte a fornire connivenze ed assistenza. Pecunia non olet.
L’articolo:
La Stampa – ’Ndrangheta a Torino: chiesti 733 anni di carcere.
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