Non lasciamo solo il Sannio!

La rete diffonde notizie delle aree colpite dall’alluvione nel Sannio davvero drammatiche. Non fosse stato per i social manco avremmo saputo della dei danni riportati dal pastificio Rummo.

Anche Pino Aprile interviene raccontando la propria percezione di quella parte di Campania non molto conosciuta:

Sono cittadino onorario di due paesi alluvionati del Beneventano: Casalduni e Ponte. Ho parlato con alcuni miei “compaesani”. Temo che governo e pubblica opinione non abbiano bene l’idea della dimensione del disastro. Quella è una zona molto attiva, sia per l’agricoltura di qualità (nella parte occidentale, accarezzata dai venti tiepidi di ponente, vini di nota eccellenza: dalla Falanghina all’Aglianico, ma anche il Fiano e l’insospettabile Sciascinoso che comincia a decollare; nella parte orientale, spazzata da venti gelidi di levante, olio d’oliva buonissimo di cultivar che resistono ai grandi freddi, come lo strepitoso Ortice, e grani duri, dove si sconfina verso la Daunia); sia per le imprese industriali di trasformazione dei prodotti agricoli e no. Non è una zona molto abitata, ma si dà molto da fare, gente tosta, sanniti e irpini. Anche politicamente hanno sempre dato tanto, su fronti opposti, pure quelli influenzati dalla geografia.

Lì la Catena Appenninica si interrompe per qualche decina di chilometri, per questo i venti da est e da ovest possono scorrere da costa adriatica a costa tirrenica, senza impedimenti (Bene-vento). Al centro di quella valle che cuce due pezzi di Penisola, un poderoso affioramento calcareo, venuto su al ritrarsi del mare: il massiccio del Taburno (sembra una donna che dorme). Il versante Nord, ostacolando i venti freschi settentrionali, è piovoso, verde, fertilissimo, quindi zona di orticoltura, vigneti, frutteti, (relativamente) piccola proprietà per produzioni agricole ad alto reddito; il che significa una distribuzione di risorse non accentrata su pochi, ma una classe sociale media ben solida, spinta al confronto (dai metodi di coltivazione a quello delle idee). Quel versante ha generato politici e intellettuali liberal e liberali (non nel senso stretto di partito).

Il versante meridionale, esposto a insolazione forte e più scarse precipitazioni ha favorito una maggior diffusione del latifondo, quindi molto a pochi, poco a molti; il che ha comportato un arroccamento agli estremi, fra padroni di destra e braccianti di sinistra. Ma, anche lì, un livello alto.
Insomma, gente di valore, comunque la pensi; capace di fare cose importanti, e bene, molto bene (ma se parli con loro, li senti quasi sempre insoddisfatti, indispettiti perché avrebbero voluto far di meglio, di più… Vero sempre. Ma è il tipico atteggiamento di chi si pone obiettivi alti).

Su questa gente si è abbattuta un’orda di demoni; vi riporto frasi sparse di miei amici lì: «Ho cercato di raggiungere Casalduni. Non c’è modo. Son dovuti intervenire i pompieri per liberarmi». «Sai il torrentello vicino casa, quel pisciaturino? Ha trascinato tonnellate di fango e massi giù in paese». «La fabbrica di Libero è sott’acqua. Il fango ha invaso e riempito i forni. Stiamo spalando tutti insieme. Siamo soli. Computer, registri… tutto distrutto». «L’ondata ha svuotato le fondamenta di palazzi ancora non si sa come in piedi, ma ormai persi». «Un anno di amministrazione a lavorare sulla viabilità; mi mancavano solo altri due brevi tratti, poi, finalmente, avremmo completato il programma per rendere Casalduni più facilmente raggiungibile, collegata. La piena ci ha portato via 90 chilometri di strade!» (è il neo-sindaco, Pasquale Jacoviella, a parlare. Dignitoso, forte…, ma la sua voce è a pezzi almeno quanto le sue strade). «Non puoi immaginare: il ruscello ha abbassato il suo letto di sei metri, in quel tratto, la sponda ha ceduto e la spalletta della collina, imbevuta com’è, prima o poi la vedi venire giù». Sono vigneti («Per fortuna, quasi tutti avevano già vendemmiato»), uliveti, orti. Acqua e fango hanno invaso la zincheria (ci fanno i guard-rail, per tutt’Italia), sono centinaia di posti di lavoro, solo lì.

Questi strumenti di comunicazione, “la Rete”, ci permettono di far sapere di più a tanti. Così, per dire, è scattata l’azione di solidarietà per il pastificio Rummo, devastato dalla inondazione.