Paolo Savona: è giunto il tempo di un partito meridionale e meridionalista

Paolo Savona non è un economista qualsiasi, per chi si occupa di meridionalismo. Ex Bankitalia, presidente del Fondo interbancario di tutela dei depositi, vicepresidente di Capitalia, Segretario Generale per la Programmazione Economica al Ministero del Bilancio e tanti altri ruoli ricoperti in seno a consigli d’amministrazione ed istituzioni finanziarie. Per chi si occupa di meridionalismo, dicevo, Paolo Savona rappresenta una delle figure chiavi, uno di quelli che ha ribaltato il refrain leghista del Sud “palla al piede”.

Fu lui a sostenere che per ogni 100 euro di investimenti effettuati nel Mezzogiorno si verifica un “effetto dispersione” a favore del Centro Nord pari a 40,9 euro.

Per Savona  ”la massa di trasferimenti pubblici che prende la via del Sud, al centro di infinite discussioni e polemiche, viene di fatto restituita alle altre regioni sotto forma di acquisti, dato il divario commerciale che esiste tra nord e sud” e, ancora il fatto che fino a qualche anno fa dal Sud uscivano risorse per 72 miliardi l’anno e di questi 63 miliardi andavano al centro-nord sotto forma di acquisti netti, mentre i trasferimenti pubblici sono stimati in circa 45 miliardi.

Del resto anche Einaudi, agli albori della Repubblica sosteneva che :

É vero che noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato qualcosa di più delle spese fatte dallo Stato italiano dopo la conquista dell’unità e indipendenza nazionale, peccammo di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio ed ad assicurare così alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale, con la conseguenza di impoverire l’agricoltura, unica industria del Sud; è vero che abbiamo spostato molta ricchezza dal Sud al Nord con la vendita dell’asse ecclesiastico e del demanio e coi prestiti pubblici.

Qualche giorno fa Paolo Savona, dalle pagine de Il Mattino lanciava un invito che suona un pò da civile “chiamata alle armi”:

Il Mezzogiorno resta schiacciato da questa bardatura istituzionale. I vincoli di bilancio pubblico, aggravati da una loro estensione più rigida a livello locale, unitamente a un credito che non affluisce più alla produzione, hanno precluso la possibilità di attuare un progetto di completamento della sua infrastrutturazione materiale e immateriale e la concessione di una fiscalità di vantaggio che l’aiuti a uscire dallo stato di grave dualismo in cui è ricaduto.
Che il Mezzogiorno abbia i suoi torti è un dato di fatto, ma essi non giustificano che i gruppi dirigenti nazionali ed europei si ritengano assolti dall’attuare politiche di sviluppo economico e civile. Il Sud deve quindi scrollarsi di dosso la bardatura imposta e recuperare fiducia nelle proprie possibilità indipendenti di riscossa.
Abbiamo speso giorni e giorni in lunghe e interminabili discussioni sul tema, senza nulla ottenere.

Credo ormai che sia indispensabile l’avvio di un movimento civile che porti alla nascita di un partito meridionale e meridionalista, non indipendentista, che rivendichi con forza il rispetto dei principi di libertà e di equità del contratto sociale che ci lega all’Italia e all’Europa. Siamo disposti a discuterne seriamente?

 

E’ sintomatico il fatto che Savona parli di movimento civile, individuando nella classe politica meridionale uno dei fattori per il mancato sviluppo del mezzogiorno e nella popolazione, al contrario un fattore di crescita e di emancipazione…Che ne pensate?

2 Risposte a “Paolo Savona: è giunto il tempo di un partito meridionale e meridionalista”

  1. Non posso che condividere pienamente quanto dice Savona, salvo una cosa: quel “NON INDIPENDENTISTA”.
    Nel momento in cui scrivo la Scozia è alle urne e sto leggendo “Separiamoci” di Marco Esposito. Non credo che sia casuale. Più passa il tempo e più mi convinco che occorra fare CIVILMENTE una separazione fattuale tra Nord e Sud chiedendo fermamente la secessione (cosi anche la Lega Nord sarà contenta). L’utilizzo dello Statuto Speciale della Regione Sicilia e la richiesta di annessione ad essa, prevista dallo stesso Statuto, può essere una (pacifica) soluzione. L’ Unione Mediterranea ha voglia di proporlo?
    P.S.: esiste una delegazione di Unione Mediterranea in provincia di Lecce?
    Grazie.

    1. Il progetto pre unitario era quello di una confederazione di stati e, anche nel dopoguerra, c’erano forze politiche si battevano per un’idea di stato fortemente federale, tanto è vero che meridionalsiti come Guido Dorso militavano nel partito d’azione che lottava per certe istanze

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