Pino Aprile: caro Alfano a quale latitudine si inverte il percorso della morale?

Dal proprio profilo Facebook, quest’oggi Pino Aprile risponde al Ministro Alfano sul tema “riavvicinare i cittadini (napoletani) allo Stato”.

Caustico e provocatorio (ma non troppo) ecco la posizione, in qualche estratto visto che il post è molto lungo, dell’autore di “Terroni” e “Giù al Sud”:

Angelino Alfano dice (intervista alla Stampa) che vuole far “avvicinare la gente allo Stato”. Non lo sfiora il dubbio che se lo Stato si presenta così, la gente se ne tiene alla larga?
La gente sarebbero i napoletani, i meridionali. Nella terra del Mose, dell’Expo, delle mutande verdi con i soldi dei cittadini; del Consiglio regionale più condannato e inquisito di sempre, delle più grandi truffe di sempre e via delinquendo, non ce n’è bisogno. Lì, si sono avvicinati allo Stato, gli sono addosso, se lo sono mangiato.

Poi prosegue:

Lo Stato a cui l’Angelino vorrebbe far avvicinare i napoletani è quello che ai meridionali ha rubato i soldi per l’assistenza sanitaria, per darli al Nord; per gli asili nido, per darli al Nord; per le strade in Calabria e Sicilia, per abbuonare l’Ici a tutt’Italia; per soccorrere L’Aquila terremotata usa solo i soldi destinati al Sud; e sempre quei soldi usa per pagare le multe europee per le truffe dei produttori di latte padani; spende per il 73 per cento al Nord i soldi destinati a ridurre il divario Nord-Sud, e quindi l’aumenta; dirotta ai tangentisti del Mose i soldi per il Sud… E Alfano vuole compiere la sua opera di avvicinamento, partendo dalla scuola. Cioè? Quella in cui lo Stato ha cancellato i poeti e scrittori meridionali dai libri di letteratura dei licei? Quelle terremotate del Sud che dovrebbero essere ristrutturate, ma i soldi li hanno mandati in Lombardia? O quelle in cui c’è il record europeo di evasione scolastica (proprio a Napoli che dovrebbe essere riavvicinata allo Stato), ma i soldi per farlo li hanno dati ai lombardi? Quelle in cui, per impedire agli insegnanti meridionali di andare a lavorare al Nord, grazie a regole e punteggi imposti dallo Stato, forse stanno cambiando le norme per tenerli fuori?

Ed ancora:

Poliziotti, carabinieri fanno un lavoro difficile e malpagato; le mele marce stanno anche fra di loro, come fra i barbieri e i giornalisti, e qualcuno sbaglia, ogni tanto, come i camerieri e i fisici nucleari. Perché, se questo succede a Napoli, e persino contro Napoli (se a Roma uccidono Ciro Esposito, invece di condannare l’assassino si condanna la città della vittima) la cosa ricade sull’intera popolazione non come danno, ma come colpa? Perché, della Milano già vanto d’Italia (non scherzo), ridotta a letamaio fra voti comprati dalla ‘ndrangheta, corruzione alla luce del sole, inefficienza delle istituzioni (basti vedere l’Expo ferma cinque anni per decidere chi doveva metterci le mani), presidenti di Regione scorrazzati nei mari caraibici da faccendieri, rigurgiti razzisti vestiti di verde…, perché nessuno scrive di “miscela pericolosa in cui rischia di prendere il sopravvento la cultura della illegalità, della criminalità”?
Perché il male è “etnico” a Sud e così sconveniente farlo rilevare a Nord? A quale latitudine si inverte il percorso della morale?