Quei capannoni di veleni e monnezza al Nord

Il V capitolo dell’inchiesta di Fanpage resta al Nord dimostrando come gli affari sullo smaltimento dei rifiuti sia il vero trait d’ union di un Paese che si divide su qualsiasi cosa, ma quando si deve sedere a mangiare per la monnezza, si trova d’accordo su tutto.

A spiegare il meccanismo di questi “maneggi”, un nuovo personaggio: il “ragioniere”. L’uomo racconta come riesca ad avvicinare e infiltrare aziende in crisi. L’affare in questione è legato a un impianto di riciclaggio di rifiuti in provincia di Verona. Sfruttando i permessi che gode questo stabilimento, si fanno arrivare nell’impianto i rifiuti pericolosi. Poi, avvolgendoli semplicemente nel cellophane e senza alcun trattamento specifico, vengono fatti uscire con un’altra dicitura: invece che rifiuti pericolosi, semplice plastica. Successivamente vengono trasportati in capannoni affittati ad hoc con dei prestanome e lì stoccati fino al riempimento completo e poi abbandonati o incendiati. Ma il business parte troppo presto, i capannoni che dovrebbero accogliere i rifiuti fittiziamente trattati non ci sono ancora e scoppia un pandemonio. L’amministratore “fittizio” – quello cioè inserito nell’azienda dalla cricca – autorizza quindi lo scarico a Verona e la situazione, ormai fuori controllo, precipita.  Il “vero” proprietario dell’impianto che non si aspettava di ritrovarsi l’azienda piena di scarti maleodoranti e pericolosi, va su tutte le furie e nasce un lungo e teso dibattito con l’ansia crescente che le forze dell’ordine possano arrivare da un momento all’altro e arrestare tutti.

Situazioni incredibili che forse spiegherebbero pure il mistero dei capannoni, atti allo stoccaggio dei rifiuti, che misteriosamente hanno preso fuoco in svariate zone del Nord Italia.