Quei dati sul biocidio che non interessavano alla Rai e che colpirono l’agroalimentare campano

Badate, quello che va avanti da anni da una parte dei settori della comunicazione, non è una informazione corretta ed oggettiva. Ma una narrazione cui segue sempre una analisi antropologica, sociologica (ed etnica, sic!) dal sapore latamente razzista, spesso (non sempre) in mala fede Questa narrazione finisce per contribuisce ad aumentare disoccupazione e diminuisce di conseguenza il pil, altro che piagnisteo. Perchè? Ve lo spiego.

Il paventare una emergenza rifiuti (lo ripeto ancora una volta lo scorso anno la Campania ha superato la Toscana nella raccolta differenziata) che non c’è, o il “Napoli indecorosa” urlato col leghista accanto ( vi ricordate il suo coro “senti che puzza scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani?”), nell’era della comunicazione globale ha una portata devastante se non usato con giudizio. Perchè finisce per creare una idea distorta o altera il giudizio di chi vive in Paesi lontani, che la realtà di Napoli, e dell’eterna campagna elettorale italiana, non ignora completamente. Come se il degrado o l’illegalità fossero un concetto generale ed astratto solo su base geografica (che è poi il criterio che giustifica le tariffe RC auto più alto in talune aree del Paese piuttosto che in altre) Così come spingere sull’acceleratore della microcriminalità solo a Napoli o al Sud, senza raccontare di Bagheria che si ribella al pizzo, è mistificatorio. Andatevi a guardare le ultime classifiche sulla percentuale dei reati commessi (ah non uscitevene con la storia che al Sud i reati non si denunciano, potete scaricare da qui un Rapporto sulla Criminalità del Ministero degli Interni, all’epoca di Maroni, che da pagina 38 specifica bene la questione).

Lo stesso processo è stato utilizzato contro l” agroalimentare, uno dei due principali driver dell’economia meridionale (il magistrato Ceglie si spinse a dire che c’era una precisa strategia volta a colpire il settore campano per recuperare quote di mercato). Si chiama “reputation”, più è alta, più il tuo prodotto vende e vende ad un prezzo buono e giusto.

Ora guardate cosa scrive oggi la dottoressa Paola Dama, ricercatrice all’Ohio University e fondatrice della Task Force Pandora, che da tempo studia in maniera oggettiva la situazione della Terra dei Fuochi:

dama

Mi rivolgo ai napoletani: ogni volta che bollate tutto a prescindere come vittimismo e piagnisteo, state fornendo solo un alibi a chi al Sud non ha alcuna intenzione di investire e soprattutto contribuite a creare disoccupazione per voi e per i vostri figli. A meno che non facciate parte dell’elite che con lo Sputtanapoli ci campa e si è creato solide rendite di posizione.