Radio Padania: solo la lega ha difeso i prodotti napoletani

Marzo. Tempo di primavera…e di campagna elettorale per le elezioni europee.

Da quando la Lega ha capito che rischia le poltrone del Parlamento Europeo, se non riesce a raccogliere qualche voto al Sud, è tutto un florilegio di dichiarazioni d’amore.

Stia sereno Salvini la lega al Sud ha ottime speranze, visto che già alle politiche ha raccolto circa 39mila voti di meridionali tafazziani e masochisti.

Ma non si sa mai, allora meglio cominciare una campagna elettorale seria, senza insulti, anzi invertendo la realtà.

Ci pensa Radio Padania. Daniele Sensi, il maggior radiopadanologo esistente al mondo, twitta,ironicamente, quanto appena diffuso dallo speaker:

sensi

Ora, se fosse vero quanto twitta Daniele Sensi, e non ho motivo per dubitare del contrario, siccome cà nisciun e fess, e soprattuto abbiamo una buona memoria, ricordiamo che cosa fece l’Agenzia BuonItalia, che avrebbe dovuto pubblicizzare l’enogastronomico italiano nel mondo, ai tempi in cui il ministro delle Politiche Agricole e Forestali era un leghista e dal quale l’agenzia dipendeva.

Con le spending reviews succedutesi dopo il Governo Berlusconi, il carrozzone Buonitalia viene soppresso. Da Yahoo Notizie (è il primo che m’è venuto sullo schermo cercando con Google ma potete trovare approfondimenti anche di altre testate):

 Risultano infatti passivi tra i 20 e i 22 milioni, una coda di creditori tra cui Verona Fiere (3,5 milioni), Grana Padano (2,8 milioni), il Consorzio Parmigiano Reggiano (2,8 milioni) e un operato da molti considerato poco trasparente e, potremmo dire, discriminatorio. All’indomani della nomina di Walter Brunello a Buonitalia, in una nota del 21 ottobre 2008 pubblicata sul sito della Regione Veneto (quando era ancora presidente Galan e Zaia presiedeva il Ministero delle Politiche Agricoltura) si legge testualmente: “Nel complimentarmi vivamente con il dott. Brunello, gli ho raccomandato di non perdere mai di vista, nel suo nuovo incarico romano, gli interessi del Veneto in campo sia agroalimentare che turistico”.

E il fidato dott. Brunello sembra aver accolto diligentemente questo consiglio, visto che l’attività di promozione avrebbe riguardato quasi esclusivamente prodotti e aziende del Nord-Est (con una particolare attenzione per il trevigiano, patria del governatore ed ex ministro Zaia), come ad esempio il formaggio Asiago, la Bresaola della Valtellina e la pancetta della Val Venosta. Secondo Paolo Russo, presidente della commissione Agricoltura alla Camera (PDL) si tratta di uno “scandalo geopolitico”, infatti dichiara in un’intervista a Panorama di qualche mese fa: “I progetti della Buonitalia riguardano praticamente soltanto i prodotti del Nord-Est. Niente è stato fatto per il Centro-Sud, dal pomodoro alla pizza, dalla pasta all’olio. Nemmeno per la mozzarella di bufala, in crisi per la diossina, si è speso un centesimo”.

Non si possono poi dimenticare altre iniziative come il servizio promosso da Buonitalia sulla rivista Il Welfare, poco prima delle elezioni regionali del 2010, che vedeva l’aspirante governatore Zaia  protagonista di 11 pagine più la copertina e di un suggestivo set fotografico che lo vedeva immerso in ambienti bucolici, tra spighe di grano e bicchieri di vino. Un’operazione costata 450mila euro di soldi pubblici, che gli ha permesso di raggiungere in piena campagna elettorale 18mila famiglie in Veneto e 250mila in tutta Italia.

 

Ecco come la lega difendeva i prodotti napoletani.

E vogliamo raccontarne un’altra?  Di quando ad esempio, sempre per una legge dell’ex ministro di cui sopra, ostacolava in qualche modo i caseifici di mozzarella di bufala DOP?

Dal Mattino del 7 aprile 2013

«All’interno degli stabilimenti che lavorano Mozzarella di Bufala Campana dop è vietata la detenzione e lo stoccaggio di materie prime e cagliate diverse da latte e cagliate bufaline dedicate esclusivamente alla lavorazione della DOP Mozzarella di Bufala Campana».

Nasce da questo comma del decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 21 marzo, in attuazione della legge 205 voluta all’ex ministro leghista Zaia, l’ultima battaglia sulla mozzarella dop. Un rigido precetto che è un giro di vite a un già rigido disciplinare, perché la mozzarella è l’unico formaggio il cui latte non può essere munto da più di 60 ore, che poi, tra controlli e autorizzazione, diventano 24/36.

Ed ancora:

«Certo – osserva Alfonso Cutillo de La Baronia a Pontelatone – la dop conta quando usciamo fuori dalla Campania, il consumatore preferisce la mozzarella imbustata e con il marchio. Ma alla fine, fatto il pari e il dispari, difficilmente la maggioranza dei caseifici deciderà di costruire un edificio ad hoc nei prossimi due mesi, tenuto conto della crisi e della palude burocratica di autorizzazioni necessarie. La dop perderà quote di mercato interno anche perché il pubblico campano si fida del casaro, non del marchio e addirittura preferisce le mozzarelle non imbustate. Noi non siamo toccati dal problema perché abbiamo già due stabilimenti, ma obiettivamente si tratta di una norma molto discutibile».

Una linea nuova di produzione costa dai 200mila ai 250mila euro. Difficile pensare che la maggioranza dei 110 caseifici certificati resterà; anzi, una cinquantina hanno già inviato una lettera al ministro Catania promettendo di uscire dalla dop appena entra in vigore la legge.

«E sa cosa succederà? Che la maggior parte inizierà a comprare latte fuori dall’area di produzione, al Nord dove costa meno e a perderci alla fine saranno proprio gli allevatori che difendono la legge». Ne è convinto Mimmo Lavecchia del Casolare di Alvignano, altro rinomato caseificio molto amato dai grandi stellati. Per un chilo di mozzarella ci vogliono almeno quattro chili di latte e chi pensa solo al guadagno immediato non avrà dubbi su come muoversi. «Ogni anno – dice il direttore del Consorzio Antonio Lucisano – la mozzarella di bufala campana DOP è sottoposta a circa 10mila controlli, numeri che ne fanno il formaggio più controllato a livello europeo».

 

Ecco come difendevano i prodotti campani e meridionali.

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