In Spagna: pachino e padrino, spopola la pizza di Cosa Nostra

Sarebbe opportuno che l’Unione Europea, tra le decine di direttive sulla giusta lunghezza del pinzimonio, intervenisse anche censurando le aziende che in questo modo, procurandosi comunque profitto, esaltano modelli e consuetudini che cerchiamo di combattere quotidianamente e che vorremmo scomparissero. Modelli che impediscono lo sviluppo dei nostri territori e lo condannano ad una costante subalternità. Modelli che non hanno proprio nulla di folcloristico.

E’ la volta della Spagna e la vicenda la racconta La Repubblica:

Sono diventato socio di un club che si chiama “La Mafia”. Ho fatto domanda d’iscrizione, fornito i miei dati personali – nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di cellulare – e messo la mia firma su una scheda. Fra un paio di settimane riceverò anche una tessera, una carta fedeltà. Mi hanno comunque assicurato che già posso considerarmi uno di loro. Sono stato accolto con un sorriso e con queste parole: «Benvenuto nella nostra grande famiglia».

Ed ancora:

Sulla vetrina scintillante una rosa rossa e una grande scritta: La Mafia. E sotto, una scritta più piccola: la mafia se sienta a la mesa, la mafia si siede a tavola, cerimonie, comunioni, compleanni. Sono entrato. Alle 14 non c’è un posto libero, bisogna fare la fila. Venti minuti di attesa per noi, altri sono dietro e aspettano quasi un’ora davanti al cartello del”Menù San Valentino” (la festa degli innamorati o la strage di Chicago del ’29?) e intanto sbirciano dentro, fra quadri con facce di “don” e scene tratte da “Il Padrino”.

Sugli schienali delle sedie i nomi dei boss più feroci o famosi dell’epopea di Cosa Nostra: Vito Cascio Ferro, Lucky Luciano, Al Capone, Giuseppe Genco Russo. Il ristorante è invaso da famiglie con bambini, alcuni sono sistemati su seggioloni con il ritratto di un sosia di Vito Corleone che mangia spaghetti. C’è anche la “zona infantil”, giochi, animatrici e un menù “para los Piccolinos de La Mafia” a 8,50 euro. Si offrono caramelle, naturalmente marca “La Mafia”. Anche i piatti sono griffati. Indovinate come. I camerieri tutti vestiti di nero, foto rigorosamente in tema (brutti ceffi), cucina italo-mediterranea, prezzi medi, servizio veloce.

Perché questo ristorante si chiama “La Mafia?”. «Perché qui ne abbiamo tanta», risponde il caposala che mi fa accomodare a un tavolo e spiega che solo a Madrid ce ne sono altri quattro con lo stesso nome e le stesse vetrine, le stesse foto, lo stesso cibo. È una catena in franchising. Trentaquattro in tutta la Spagna, dai Paesi Baschi fino a Gibilterra. Entro il 2015 ne apriranno altri quindici, uno anche in Portogallo. E sempre con quella grande scritta: “La Mafia”.

E la mafie ringraziano per la reputation e l’appeal che queste idiozie regalano al “sistema”.

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