Sputtanapoli e la Sagrada Família dell’ottavo giorno

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di Rosario Dello Iacovo

Guardavo oggi il video servizio di un giornalista (perdonatemi, ma proprio non ce la faccio a chiamarli colleghi), nel quale una napoletana che vive fuori e due turisti parlavano delle loro impressioni su Napoli. Il tutto montato con quello stile fatto di tagli veloci, immagini accelerate, musichetta ammiccante, che sembra essere diventato un must per questo tipo di produzioni. La napoletana, con accento decisamente posillipino, denunciava lo stato di abbandono, il turista del nord si lamentava dei pochi bar e ristoranti aperti, la ragazza russa della scarsa pulizia di alcuni luoghi da lei visitati. Anche se il suo giudizio restava ampiamente positivo e il migliore fra quelli espressi dai tre. Il più catastrofico quello della napoletana che vive fuori: sembrava stesse descrivendo Beirut durante la guerra civile. L’autore, poi, ci metteva del suo, parlando di una Villa Comunale “che cade a pezzi”. Spinto dalla curiosità, poco fa mi sono fatto una passeggiata proprio da quelle parti. Il mare calmo e odoroso alla mia destra, il panorama fantastico con la città arroccata sulle sue colline, il Vesuvio, Capri, Posillipo. Alla mia sinistra la Villa Comunale, dove mi sono messo alla ricerca delle panchine danneggiate di cui si parla nel servizio. Bene, le ho contate, sono esattamente quattro sulle oltre trenta che punteggiano all’esterno la struttura. All’interno famiglie coi bambini, coppiette, vecchietti intenti a godersi la bella brezza di Ponente che rendeva l’aria particolarmente gradevole. Le aiuole curate, i sentieri ben tenuti, le palme e gli altri alberi con le foglie accarezzate dal vento, completavano un quadro di estrema serenità e bellezza. Gli chalet, i bar e i ristoranti erano tutti aperti. E quando dico tutti, intendo nel senso letterale del termine. Nel servizio però non c’era niente di tutto questo, in compenso c’erano i lavori in corso e le panchine danneggiate. Ecco, allora io al turista del nord avrei voluto chiedere se è mai stato a Milano ad agosto. Se ci è stato in un giorno qualsiasi dell’anno, quando esci dalla stazione di Porta Garibaldi e per arrivare a Corso Como, quello reso celebre dalla movida di stelline e divetti del pallone, devi fare una specie di percorso di guerra per i lavori perennemente in corso. Stando pure attento che non ti arrotano. È normale, succede in tutte le grandi città, perciò nessuno legga nelle mie parole un intento offensivo verso Milano che io, come i miei amici e i più attenti lettori di questa pagina sanno, amo al di là di ogni ragionevole limite. Anche a Barcellona ci sono lavori in corso e locali che a novembre erano aperti e ad agosto ho trovato chiusi. Dov’è lo scalpore? Pure i lavori in corso erano la norma. Sempre al turista del nord, comunque ringraziandolo per aver scelto la mia città come meta delle sue vacanze, avrei chiesto ancora se ha mai provato a mangiare qualcosa in pieno agosto a Torino o a Brescia. Personalmente, mi hanno salvato i kebab e i cinesi. Alla ragazza russa non avrei bisogno di dire nulla, perché so che quando tornerà a casa parlerà di una splendida Partenope, piena di monumenti e testimonianze artistiche. Alla napoletana e all’autore del servizio, invece, non sento proprio il bisogno di dire niente. Perché dopo Gomorra, che qualcuno ha mal interpretato come un attacco alla città, Sputtanapoli è diventato uno standard per tanti giornalisti napoletani che, allineandosi alle tendenze della peggiore stampa nazionale, pensano che di Napoli si debba parlare lasciando un’ombra. Anche nel migliore dei casi. Sempre e comunque. Poi vanno a Barcellona e pisciano nei vicoli che puzzano di piscio, ma quando tornano a casa parlano della Sagrada Família. Un edificio che a Napoli visiteresti l’ottavo giorno, giusto se ne avessi uno in più a disposizione per vedere le cose non essenziali.

 

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