Tutti i misteri sui numeri del contagio cinese

Ce lo stiamo chiedendo tutti da un mese ormai: come mai i numeri dei morti per Coronavirus in Italia, primo paese europeo dove l’epidemia si è diffusa rapidamente, sono più alti di quelli della Cina (dove da qualche settimana hanno evidentemente deciso che the show must go on e che è tutto ritornato a posto)?

Molti indizi inducono a credere che il muro di omertà e reticenze che ha caratterizzato l’esordio della diffusione del virus (con il medico cinese Li Wenliang, deceduto di Coronavirus , che per primo aveva scoperto il morbo, che per primo aveva provato ad avvertire la comunità scientifica del proprio Paese e le autorità, arrestato per procurato allarme, accusato di aver inventato qualcosa che non esisteva per spaventare la popolazione, e, poi, scarcerato solo quando era acclarato ed evidente lo scoppio dell’epidemia) sia proseguito e prosegua tuttora in nome di una crescita economica che nel paese asiatico ha subito una brusca frenata.

1. Il caso dei 21 milioni di utenze telefoniche scomparse

Sono stati il The Epoch Times, l’ International Business Times ed il Japan Times a sollevare la questione, riportata in maniera puntuale da Gabriele Carrer sul sito Formiche.net

L’analisi ruota attorno alle utenze telefoniche: infatti, in Cina il cellulare è fondamentale per servizi come i biglietti dei treni e lo shopping ma anche per riscuotere le pensioni. E da dicembre è obbligatoria la scansione facciale per confermare l’identità della persona che ha registrato l’utenza.

Come ha spiegato al giornale il commentatore Tang Jingyuan: “Il regime cinese richiede a tutti i cinesi di utilizzare il proprio cellulare per generare un codice sanitario. Solo con un codice sanitario verde è permesso ai cinesi di spostarsi in Cina ora. È impossibile per una persona cancellare il suo cellulare”.

Ma le autorità di Pechino, si legge ancora su Formiche.net, il 19 marzo hanno dichiarato che il numero di utenze di telefoni cellulari cinesi è diminuito di 21 milioni negli ultimi tre mesi. Gli ultimi dati rilasciati dal ministero dell’Industria e della tecnologia informatica il 19 marzo scorso gettano lunghe ombre. Rispetto a tre mesi prima il numero di cellulari è calato di 21,03 milioni passando da oltre 1,60 miliardi a meno di 1,58. In diminuzione anche il numero di utenze fisse: da 190,83 milioni a 189,99, in calo di 840.000 unità. Anche guardando le statistiche di un anno prima c’è qualcosa che non torna: infatti, a febbraio 2019 sia le utenze fisse che quelle mobili erano in aumento (le prime di 6,6 milioni, le seconde di 24,37).

Tutto dipende da un calo demografico? No, conclude Gabriele Carrer, visto che la popolazione cinese è aumentata nel 2019 di 4,67 milioni rispetto all’anno precedente superando 1,4 miliardi, stando alle statistiche ufficiali. Se il crollo di linee fisse può essere legato alla chiusura di aziende a causa della quarantena, difficili da spiegare sono i numeri dei cellulari. China Mobile, che ha il 60% del mercato, ha perso 0,862 milioni di utenti a gennaio e 7,254 a febbraio. China Telecom, invece, ne ha persi 0,43 e 5,6 milioni. China Unicom non ha ancora pubblicato i dati di febbraio ma a gennaio ha perso 1,186 milioni di utenti.

Rincara la dose The Epoch Times che proprio paragonando la situazione cinese a quella italiana, induce il lettore a credere che il bilancio di Pechino appaia “significativamente sottostimato”.

Sul crollo delle utenze mobili si sarebbe potuta paventare l’ipotesi che, nel corso della quarantena, i cittadini cinesi avrebbero deciso di abbandonare le utenze di lavoro mantenendo soltanto quelle domestiche. Ma visto che il regime ha dichiarato che il 90% delle aziende del Paese, tranne che nell’Hubei, è tornata a lavorare a pieno ritmo, questa spiegazione perde quota. Inoltre, le scuole chiuse e la scelta della tele-didattica avrebbero dovuto sostenere un aumento delle utenze piuttosto che la scomparsa di milioni di esse.

2. Il sovraffollamento delle case funerarie.

Un secondo elemento di riflessione lo solleva Biagio Simonetta sul Sole 24 Ore che cerca di raccogliere alcuni spunti di Radio Free Asia e del quotidiano cinese Caixin:

Attualmente sono sette le case funerarie che servono Wuhan, città simbolo di questa pandemia, formata da un agglomerato urbano che comprende Hankou, Wuchang e Hanyang. Secondo i dati del governo cinese, sono 2.535 le vittime da coronavirus in questa area metropolitana. Ma il Caixin riporta che un’agenzia funebre ha consegnato 5mila urne cinerarie in un solo giorno ad Hankou. E il sito di Radio Free Asia, emittente con sede a Washington, azzarda una stima: i morti ufficiali potrebbero essere 42mila. Numeri terrificanti, da leggere con cautela e con il giusto grado di fallibilità dei calcoli.

La stima si basa sul fatto che il 4 aprile prossimo, in Cina, si celebra il Qingming, il giorno dei defunti. E che per quella data le case funerarie di Wuhan vorrebbero consegnare tutte le urne ai loro parenti, con un ritmo di 3500 urne al giorno dal 23 marzo. I calcoli sono giusti, ma la tesi di fondo è falsa. Perché a Wuhan, quest’anno, le celebrazioni del Qingming sono vietate da una disposizione firmata dal governo locale il 26 marzo scorso. E ogni attività di pulizia delle tombe (il “tomb sweeping day”) è sospesa fino al 30 aprile. Anche altre province, tra cui il Guangxi e lo Zhejiang, hanno annunciato restrizioni simili. Il nesso fra urne giornaliere e scadenza per il Qingming, insomma, non esiste.

A prescindere dal punti di osservazione da cui ci si è posti ad osservare il fenomeno, una cosa appare evidente: i numeri di morti forniti dalle autorità cinesi non sono attendibili, non convincono e, molto probabilmente, come anche l’esperienza italiana insegna (e, lo vedremo in futuro, anche quella degli altri paesi democratici) sono più alti di quelli sbandierati innanzi alla comunità internazionale.

“I morti a Wuhan potrebbero essere stati 10mila, ma anche 100mila”, prosegue Biagio Simonetta, “in questo momento nessuno è in grado di dirlo. Di certo, nelle settimane dell’inferno, a Wuhan si moriva a casa o per strada, come testimoniano molti video caricati sui social media e sfuggiti alla censura di Pechino.”

Probabilmente, a Whuan, la gente ha incominciato a morire anche a fine dicembre. Morti che non sono stati conteggiati e non verranno mai conteggiati tra le vittime del Covid. Morti su cui Pechino ha scientemente taciuto, portandoci sul baratro dove siamo ora.