Mi ha colpito non molto tempo fa un articolo del professor Viesti che sosteneva, dati alla mano, come l’intervento della Cassa del Mezzogiorno nei suoi primi anni di attività, avesse apportato benefici e sviluppo al Sud che riuscì, in questo modo, ad agganciarsi al treno del boom economico.
Denaro che proveniva anche, e soprattutto, da Oltreoceano, da quegli Stati Uniti ritenevano il Sud strategico in uno scacchiere ancora profondamente immerso nei dualismi imposti dalla cortina di ferro.
Insomma, alla fine pure il tandem Renzi/Delrio si è convinto, il Sud è strategico ed una ripresa strutturale del Paese non può prescindere dal Sud: ecco a voi il Ministro per il Mezzogiorno.
A prescindere dal nome e dalla provenienza geografica sarà importante che il ministero non si limiti alla mera gestione (secondo criteri opinabili) dei fondi comunitari. Ma sia un soggetto che abbia conoscenza del territorio e di tutte le implicazioni che certe scelte politiche possono determinare su di esso.
Dirottare le risorse europee da un luogo ad un altro, o centellinare perchè “i terroni le sprecano” non risolve problemi logistici e strutturali che costringono i cittadini di Reggio Calabria ad impiegare 9 ore in treno per recarsi a Bari. Proprio quel treno che, ad esempio, nella città capitale della cultura 2019, Matera, addirittura manca.
Anche perchè, come scrive Isaia Sales:
la spesa pubblica italiana (cioè quella che si effettua attraverso i singoli ministeri e gli enti locali) è inferiore nel Mezzogiorno rispetto alla media italiana se rapportata al peso della popolazione. Stiamo parlando della spesa ordinaria la cui distribuzione è influenzata dal carattere del welfare italiano, che premia in modo accentuato le regioni dove c’è la più alta quota di ex lavoratori (Centro-Nord) e non quelle dove c’è maggiore quota di disoccupati e di famiglie povere (Sud e isole). Stiamo parlando della spesa sanitaria, che tiene conto della popolazione anziana (più forte al Nord) più di qualsiasi altro criterio.
Insomma la spesa pubblica è più intensa nelle regioni il cui livello di sviluppo è maggiore. Ma se valgono solo i criteri dello sviluppo economico e civile già raggiunto, come si fa a garantire identici diritti?
Ecco, il ministro per il Mezzogiorno risponda a questa domanda e saremo giù a buon punto. O sarà l’occasione, ennesima, “p ci mangià acopp” come diceva il buon Massimo Troisi.