Sia mio padre che mia madre, che Iddio li abbia inpace, non ci lasciavano mancare nulla.Bello era al mattino quando mio padre apriva l’ovile e le capre uscivano all’aperto,saltellando per nutriti pascoli, mentre noi bambiniscorazzando uniti, andavamo a gara incerca di fiori per portare alla mamma.E mia madre quanta bontà nei suoi sguardi pieni diaffetto, quanto amore nelle sue cure,quanta assidua volontà di lavoro! Si alzava all’alba, preparava la bisaccia del marito,rassettava la casa, curava i figli e poscia con faticosa lena si dava al lavoro, sicura di
guadagnare i suoi 40 centesimi prima del tramonto.Quanta pazienza deve avere una madre nell’allevarei suoi figli! Il bimbo piange, strilla apiù non posso e la mamma fa tutti i tentativi per tranquillizzarlo e spesso non vi riesce; glidà la poppa, no; gli dà del pane, lo butta; gli dàil balocco, lo rompe; lo pone a sedere perterra, si rotola nel fango; lo corica nella culla,si butta giù, e la mamma pazienza, lo bacia,lo vince coll’amore. Eppure ho inteso da certi uomini dire: «Eh sono femmine e basta!»quale disprezzo massimo per le donne. Taci fellone:la femmina è la madre dell’uomo, lafemmina è la moglie dell’uomo, senza di essa non viè vita. La femmina è la figliadell’uomo senza di essa non vi è padre contento; efinalmente la femmina è sorelladell’uomo e senza di essa non vi è fratello contento, né famiglia contenta.Pensa a quanto scrisse Guerrazzi: «rispettare la donna poichè sua madre fu tale» e sequesto rispetto non senti profondamente in te, impugna l’aratro e zappa la terra, tu nonmeriti sorte migliore.Io sentivo per mia madre un’affezione così potentee così forte, che nei momenti dimaggior orgasmo la sua memoria era sprone all’ardire ed all’audacia ed essa mi apparivacol suo sguardo fiero e mi fissava vivamente in viso, come per dirmi: «colpisci, vendicami,altri non ebbero pietà di me, di tuo padre, di tuasorella!».
Queste parole sono di Carmine Crocco, raccolte nell’autobiografia “Così divenni brigante”,ripubblicata nel 1964 dall’Editore Lacaita, nella collana “Briganti e Galantuomini”, a cura di T. Pedio. Parole che sembrano stridere con l’immagine che la storiografia ufficiale ha rappresentato per 150 e passa anni.
Ed ancora al sindaco di Sant’Andrea, uno dei paesi occupati dalla sua banda:
«Signori di Conza.«Occupo come ben sapete, Sant’Andrea colla mia banda. Vi intimo, pena la mia venutacostà, di mandarmi la bandiera tricolore del comune, il quadro del Re Vittorio Emanuele e quello di Garibaldi esistenti nella sala del Consiglio, non che la cassa della fondiaria.«Il tutto dovrà essermi presentato dal Comandante la Guardia Nazionale di persona.«Dò tempo otto ore. Carmine CroccoGenerale di Francesco II».
Interessante la sintetica analisi sulla sconfitta dell’esercito borbonico:
Oh, perchè il Borbone non seppe utilizzare tanto valore e tanto eroismo così spontaneo,nei figli di questa forte regione, cosicchè il potente esercito borbonico fu messo in fuga daun pugno di giovanotti e questi furono chiamati eroi, e vili quelli? La verità di quelle facilivittorie, la causa delle fughe, il facile sbandarsi…..e chi nol sa!Bisognava vedere un quartiere militare borbonico che cosa era; ed io lo vidi e lo conobbi.Ho visto quante infamie si commettevano, e la frusta, il bastone e le fucilazioni sommarie, e le punizioni tremende, di guisachè in noi soldatiprevaleva il concetto: «Questo regno è tuo e de’ tuoi sbirri, difendili da te e con i tuoi, non io morirò per la gloria tua e per conservare sul tuo capo la corona».
Ed alcune considerazioni sugli eserciti:
Non dovete però credere che i miei fossero tutti pastorelli.Avevo un piccolo esercito con quadri completi, un capitano, un luogotenente, un medico,sergenti maggiori, caporali tutti appartenenti al disciolto esercito borbonico. Avevoseicento soldati di tutti i corpi, cioè cacciatori,cavalleria, artiglieria, volteggiatori, zappatori,minatori, granatieri della guardia e che so io. Cheimporta se costoro erano pastori,contadini, cafoni? Forse che gli eserciti attuali non sono composti tutti di figli dellamiserabile plebe. Che se poi dovessi io scieglierefra due reggimenti uno di studenti, l’altrodi pastori o di contadini sarei sempre pei secondi,perchè avvezzi al freddo, alla fame, allefatiche ed al camminare. Non dico che gli studentisiano vili; no, Iddio mi guardi da sìinfame calunnia, ma preferisco l’uomo rozzo, il cafone, più facile ad allenarsi, più pronto adubbidire, meno esigente nel mangiare, e incapace dicriticare gli ordini ricevuti.
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