Fontana “bussa a denari”….: più soldi alla Lombardia

Solo il tempo ci chiarirà il ruolo dell’amministrazione della Regione Lombardia sulla gestione della crisi, nel frattempo, Fontana, bussa a denari con una metafora molto colorita:

”nelle famiglie contadine del secolo scorso -dice all’Adnkronos- quando c’era un’unica bistecca da mangiare la mangiava l’uomo che doveva andare a lavorare nei campi perché era chiaro che bisognava rafforzare chi portava a casa il sostentamento per tutta la famiglia. Ecco io credo che questo modo di vedere le cose dovrebbe essere esteso alla Lombardia che per anni ha trascinato il resto del paese. La regione ora dovrebbe essere quella che viene messa nelle condizioni di poter riprendere la produzione; i nostri imprenditori dovrebbero essere aiutati per poter rilanciare l’economia di tutto il paese”.

Anche perché il tessuto economico lombardo è allo stremo e la situazione è sempre meno facile da tenere sotto controllo: ”I nostri imprenditori -dice- soprattutto quelli della piccola e piccolissima impresa, la micro azienda e le partite iva iniziano a essere ai limiti della sopportazione. Temo che già da domani ci sia qualcuno che non è più nelle condizioni di riaprire la propria attività soprattutto nel mondo del commercio e del turismo”. Ecco perché il governo deve intervenire presto e bene: ”Credo che non ci sia più molto tempo, gli interventi debbano arrivare presto e debbano essere interventi veri. E’ inutile raccontare di mirabolanti cifre, bisogna dire con precisione quanto e quando arriverà ora perché più si va avanti con questa situazione più si determina la fine di tante attività. La gente deve sapere di quanto potrà disporre e se con quelle risorse potrà riprendere il lavoro”.

Ignorando, Fontana, o fingendo di farlo, che il modello “locomotiva” si è dimostrato fallimentare: servono investimenti omogenei, proprio per evitare che, nel caso di una ulteriore crisi, lo stallo economico di una parte del Paese conduca a quello delle realtà produttive anche delle aree del Paese coinvolte meno dall’emergenza. Come accaduto in Cina, se regioni del Paese sono costrette a fermarsi, non bisogna puntare al martirio, ma spingere e spostare la produzione in regioni che possono continuare a farlo in sicurezza. E per attuarlo servono investimenti ed infrastrutture laddove mancano.