Le fantasmagoriche “maggie” della stampa italiana

Il 57esimo posto, nella classifica 2013, per libertà di stampa, dopo Niger e Botswana, diciamocelo tutto, l’Italia e la sua stampa se lo meritano tutto. Con buona pace di quelle rare ed autorevoli eccezioni.

Tra politici che invitano a “non enfatizzare troppo la questione Expo” altrimenti le aziende non avranno più commesse (sentito stamattina ad Agorà su Rai3) e giornalisti ultras, l’ultima settimana se n’è andata sull’onda di notizie riportate parzialmente e mirabolanti inchieste sul mondo ultras napoletano (sono d’accordo con voi non si parla di educande, ma a Napoli come altrove).

E se si invoca garantismo per un potenziale pluriomicida, e si tace sul sostegno di alcuni settori dello stadio, compresi beceri cori che uniscono oltre le rivalità, poco o nulla si dice su coltelli lanciati in campo e conficcati sul manto erboso e su banane che , vedrete diventeranno un etnico sfottò. Non è successo a Napoli, non fa audience, parliamo d’altro.

E se nei talk show nazional popolari, si parla poco dell’arruobbo lombardo 2.0, la star resta pur sempre genny a carogna ed il mondo ultras partenopeo, preso nella sua interezza. Sempre come concetto generale e astratto. Non stinchi di santo, per carità, me le riscostruzioni e gli scoop hanno dell’incredibile. Roba che se fossero scritti su un quotidiano di provincia, ti chiamarebbe il direttore e ti prenerebbe a schiaffi.

Il denominatore comune di questi giornalisti è “la fonte” che tengono segreta. Un personaggio mitologico che si nasconde tra le pieghe della mitomania e della fantasia.

Così “una fonte” suggerisce ad un giornalista “casa biscione”, la svolta investigativa a proposito dei fatti della Coppa Italia: la pistola che ha sparato contro i tre napoletani, sarebbe stata portata proprio da questi ultimi. Il gruppo, piuttosto folto, se la sarebbe fatta sfilare, si sarebbe fatto sparare addosso ad altezza d’uomo, avrebbe atteso che si inceppasse ed avrebbe dato il tempo a qualcuno che non c’entrava nulla di gettarla all’interno del vivaio dove lavorava il presunto omicida. Roba che Wolverine degli X Men al confronto sarebbe stato un dilettante.

Passiamo alla carta stampata. Il quotidiano torinese La Stampa, fa lo scoop. Una presunta fonte che si chiamma “Mimmo” fa delle rivelazioni sconvolgenti alla giornalista, la quale non si accorge che forse la sta prendendo in giro alla grandissima, considerato anche il fatto che le dinamiche interne al mondo ultrà sono piuttosto omertose. A meno che Mimmo, abbia lavorato di fantasia dietro un corrispettivo. In un calderone di clichè (che alcuni gruppi ultras abbiano legami con la camorra lo dicono le cronache giudiziarie, ma andare oltre la cronaca per abbracciare la sceneggiatura pare eccessivo) si arriva a questo: “Noi ultras botte e favori alla camorra” (a tal proposito consiglio il documentario, vecchio ma giusto per avere una idea, “Estranei alla Massa” di Vincenzo Marra)

Parcheggiatori abusivi, «magghiari» (che poi dovrebbe essere “magliari”,ndr) che commerciano in calzini o T-shirt, venditori di «pacchi» tipo gli I-phone a 12 euro che funzionano solo 5 minuti, giusto il tempo che si esaurisca il microchip. Gli ultrà si arrangiano con 700 euro al mese, ma non rinunciano alla birra, alle canne e, soprattutto, al Napoli.

Ora qualcuno abbia la gentilezza di spiegarmi, la giornalista de La Stampa compresa, visto che il pezzo ha il sapore dell’ “inchiesta”, che contribuisce a dare nuovo colore e spolvero al Castello degli Orrori made in Naples, oltre che a creare leggende metropolitane completamente fuori controllo, che diamine siano i cellulari venduti a 12 euro, che durano 5 minuti, col microchip che si esaurisce.

“mio cuggino mi ha detto che a Napoli fanno i aifon che costano 12 euro, durano 5 minuti e poi si esaurisce i microcippe e ti fanno il pacco”. Roba che se fosse vero, ci troveremmo davanti a un genio dell’elettronica che sarebbe conteso da tutti i colossi della telefonia mondiale, altro che ultrà.
Non per negare quanto avviene solitamente, ma la realtà va raccontata con esattezza e cognizione di causa (Nanni Loy si sta rivoltando nella tomba) altrimenti diventa un muro di sterco addosso ad una città cui è lecito attaccare addosso qualsiasi cosa. E soprattutto con la pretesa latente di sovvertire le dinamiche che sottendono dolorosi fatti di cronaca.

Un pò come succedeva con la bufala delle magliette con la cinture di sicurezza disegnate, di cui sarebbero stati orgogliosi i notoriamente indisciplinati automobilisti napoletani. (clicca qui per leggere).

Tutto ciò in un paese in cui un ex premier, condannato con sentenza definitiva, difende un ex ministro a sua insaputa che si divertiva a trovare sistemazioni ed alloggi a un latitante. Di certo non aveva comprato un cellulare che dura solo 5 minuti a 12 euro, da Mimmo l’ultrà.

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